giovedì 13 ottobre 2011

Yes I care


E anche quest’anno sono stata eletta rappresentante di classe. 

E’ così dalle scuole elementari. 
Vinco con quote bulgare. Un plebiscito.

Ma non ho grandi meriti. 

Solo il fatto di non essere una di quelle mamme super impegnate tra lavoro, casa e figli. 

Così quando queste signore trafelate iniziano a piangere il morto, descrivendo la loro realtà come un incubo tra ufficio, corsi di nuoto, supermercati e tintorie, ecco che scatta in me la pena e il senso di colpa: sì, io sono una casalinga, un specie in via di estinzione, una di quelle che “non fanno un cazzo tutto il giorno” (opinione diffusa), di quelle che si fanno mantenere e godono per ogni granello di polvere che sconfiggono.

Così mi candido, sempre premettendo che se ci fosse qualcun altro interessato mi farei da parte volentieri, ma non accade mai.

Il bello di questa farsa dei rappresentanti di classe è che non richiede il minimo impegno. 
Solo due riunioni in tutto l’anno scolastico della durata di un’ora al massimo.
Non venitemi a dire che non si può chiedere un’ora di permesso due volte nel corso di 9 mesi. Ma tant’è.

Io in fondo l’ho sempre fatto per mia figlia. Mi piace interessarmi alla scuola e conoscere un po’ meglio l’ambiente che frequenta tutti i giorni. 

Sono una di quelle che vanno a parlare con i professori la mattina, evitando la bagarre degli orrendi colloqui  generali, cerco di entrare in confidenza con il docente di riferimento, indago sull’andamento della classe.  

In tutti questi anni di “rappresentanza” non ci sono stati grossi problemi, per fortuna. 

Alle elementari c’era un po’ più di lavoro, tra recite di Natale e fine scuola, regali alle maestre e alle catechiste, e, cosa fondamentale, organizzazione della pizzata di fine anno.

Alle superiori ci si limita a spedire una mail riassuntiva di quello che è stato detto alle riunioni. 
Molti genitori non li ho mai visti. Sono solo un indirizzo sul computer. 
La classe è di 31 alunni, ma ieri eravamo 10 mamme.  Penso che sia un po’ triste.

Sbrigare la faccenda figli come tutto il resto che è nella lista della giornata: mandarli a scuola, dargli da mangiare (anzi agli adolescenti dare i soldi e che vadano da McDonald), procurargli un computer, vestiti e buonanotte.

Tanto ormai sono grandi. Tanto si arrangiano. Tanto non si confidano.
Io almeno ci provo.
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