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mercoledì 6 maggio 2015

Quei bei blog casalinghi di una volta...


Hai presente quelle trattorie, quei localini senza pretese dove uno è abituato ad andare a mangiare quando ha voglia di cibi conosciuti, confortanti?

Quei posti dove ti senti a tuo agio, dove non occorre leggere il menù perché sai già quello che preparano e hai proprio voglia di trovarti lì, al solito tavolo, quello nell’angolo, con il cameriere che ti riconosce e la padrona che ti chiede come stanno “i ragazzi”?




Poi un giorno arrivi e trovi tutto ristrutturato.
Sembra un locale minimal di New York.

Ogni cosa è bianca o nera, i camerieri sembrano usciti dal backstage di Kenzo, i piatti sono enormi e quadrati, il cibo in crosta di … o su un letto di … e ha nomi strani.

Prendono gli ordini con il palmare e ti dicono che il carrello dei bolliti non ce l’hanno perché hanno abbracciato il concept della cucina molecolare.

Insomma tutto questa sbrodolata per dirti che anche la maggioranza dei blog che leggevo con gusto una volta si sono trasformati in qualcosa di molto alla moda, perfettino, dove tutto è studiato a tavolino seguendo i canoni di non so quale guru dei blog, del SEO o di chi per esso dove entrarci e uscirne subito è un tutt’uno.

La noia ed il fastidio sono immediati, la freddezza che trasmettono uguaglia quella creata dall’azoto liquido degli chef moderni.

Non c’è anima, non c’è simpatia, non c’è spontaneità.

Ecco io sono un’irriducibile.
Non scriverò mai un titolo pensando ai motori di ricerca, non parlerò mai di argomenti che “tirano” e mai e poi mai metterò un banner pubblicitario a rompere i coglioni dei miei pochi lettori.

Scriverò se ne ho voglia, una volta al giorno o una al mese, senza dover per forza seguire una tabella di marcia, non citerò niente e nessuno per un tornaconto e credo lascerò sempre lo sfondo con le mie foto di cinquantenne giovanile a perenne memoria della me stessa che un giorno ha deciso di aprire un blog per raccontare quello che le passava per la testa al marito forzatamente lontano.

Sì, il mio è destinato a restare uno degli ultimi blog di una volta, rustico, un posto da cercare col passaparola, come quelle trattorie sperdute che non hanno nemmeno il telefono per prenotare.
Quelle dove trovi ancora la trippa in brodo e le uova sode al banco.

Motivo scatenante:
(Cioè, hanno trasformato il Mondo d'oro - osteria tipica veronese da "ombre" - in un posto asettico dove servono il brunch domenicale... ma ti pare?!?!?)
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venerdì 21 novembre 2014

Un fastidio crescente

Un paio di mie amicizie di Facebook hanno condiviso questo articolo "A 50 ho cambiato vita e sono diventata abitante del mondo".

E giù commenti di altre blogger entusiaste della notizia. Invidia e approvazione.

Allora perchè a me è "salito il crimine" ?


Per fortuna che leggendo molti dei commenti all'articolo del Corriere della Sera ho trovato persone che la pensavano come me, altrimenti avrei pensato di avere qualcosa di sbagliato.

Io mi sento offesa da notizie di questo genere.
Questa tipa, architetto affermato che improvvisamente si è trovata disoccupata, si è permessa il lusso di rinunciare a varie offerte di lavoro ritenute non alla sua altezza e trasferirsi a Tahiti.
Ma il trucco è proprio qui. Lei aveva già questo lavoro!
Era coordinatrice di viaggi per una Agenzia e quindi non ha fatto altro che accettare di farlo a tempo pieno.

Sai che coraggio! Senza problemi di denaro, con un figlio grande e già autosufficiente, evidentemente senza un marito o un compagno e senza problemi di assistenza a genitori anziani.
Chiaramente ha un blog con oltre 10.000 contatti. Perfino la Rai se ne è interessata!

Ma che conforto o illuminazione potremmo mai trarre da questo articolo?

Quelli che perdono il lavoro e nessuno offre loro un'alternativa, quelli che sono bloccati da mille responsabilità perchè hanno figli a loro volta disoccupati o genitori invalidi?

A 50 anni questa è la realtà per la maggioranza delle persone.

Nessuno può permettersi di fuggire dai propri doveri a meno di non essere un irresponsabile egoista di merda.

Prendiamo ad esempio la mia famiglia. Non serve andare lontano.
Se mio marito per disgrazia perdesse il lavoro pensi che potremmo andare a Tahiti a fare gli accompagnatori turistici?
Nessuno dei suoi due figli, pur avento 30 e 26 anni, entrambi laureati, è già autosufficiente. Vivacchiano tra uno stage non pagato e lavoretti part-time spesso in nero.
Li abbandoniamo a loro stessi? Smettiamo di pagare gli alimenti? Il giorno dopo arriverebbe puntuale l'ingiunzione del giudice.
Mio suocero ha l'Alzheimer e mia madre la demenza senile.
Sarebbe bello dimenticarsene. Ma io invece non dormo la notte per la preoccupazione.
Nostra figlia l'anno prossimo andrà all'università.  Dovremmo forse impedirglielo? Si arrangi che noi andiamo a rifarci una vita.
No, perchè quando finirà di anni ne avremo 60 circa.

Ma forse allora il Corriere pubblicherà un altro articolo che ci spiegherà come cambiare vita a 60 anni e ricominciare, non so, a Puerto Escondido, col classico baretto sulla spiaggia che sogna sempre mio marito...

Insomma quello che voglio dire è che la storia di questa tipa è un caso a sè, che lascia il tempo che trova, che non insegna a nessun cinquantenne "normale" come rifarsi una vita, come trovare un lavoro, come non sentirsi degli scarti della società oppressi dalle preoccupazioni e dallo sconforto.

Irritante e inutile.
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domenica 12 ottobre 2014

Postare o non postare?


Negli ultimi tempi ho scritto sempre meno.   
Ci sono dei problemi personali che non riesco ad accantonare del tutto e non mi permettono la “leggerezza” che contraddistingueva gran parte dei miei post.

In questi giorni, soprattutto, mi sono domandata quanto ci si possa fare influenzare da realtà esterne una volta data un’impostazione specifica al proprio blog.

Ecco, io ce la faccio sempre meno a restare concentrata su me stessa “blogger” e andare avanti per la mia strada.

Sarà che un problema personale ci rende anche più sensibili ai problemi altrui, sarà l’età che non permette più l’egocentrismo di una volta, sarà quel che sarà ma le cattive notizie che arrivano dal mondo esterno in qualche modo mi bloccano.

Inizio a farmi delle domande sull’opportunità o meno di affrontare argomenti leggeri, sul rispetto che si deve avere di fronte alle disgrazie degli altri, se sia il caso di sventolare a destra e sinistra i propri personali successi-acquisti-vacanze.


Negli ultimi tre giorni la mia bacheca di Facebook era la rappresentazione esatta di questi contrasti: da un lato Genova e provincia distrutte dall’alluvione e dall’altro le spiagge soleggiate della riviera romagnola e decine di selfie di tronfi travel blogger.

Sì, perché c’era il TBDI2014, un raduno/fiera per operatori turistici e blogger italiani e stranieri.
Solo 300 blogger erano stati ammessi e solo a 100 era stata data la qualifica di Top.

Così tra chi puntualizzava il fatto di essere Top, tra chi polemizzava sull’organizzazione, tra foto di aperi-cena e piadine, era tutto un parlare dei vari “cluster” in cui rientrava il proprio blog, del fatto di essere “influencer” per il turismo, di “mission” e “social media”.

Sicuramente in questa povera Italia è giusto puntare sul turismo, dato che non si costruisce o produce più nulla e da qualche parte i soldi devono arrivare, però non so quanto i travel blogger possano essere determinanti.  
  
Ma in fondo basta ospitarli un paio di notti fuori stagione e loro scrivono come dei forsennati e qualche ritorno ci sarà pure.

Certo bisogna avere un bel pelo sullo stomaco per farlo in giornate come queste.
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giovedì 17 luglio 2014

E' un mondo permaloso...




Permaloso e con la coda di paglia.

Sì, così definirei il commentatore medio dei post che criticano più o meno simpaticamente qualcosa.

Già mi aveva colpito tempo fa la marea di commenti inviperiti ad un post che prendeva bonariamente in giro i runner e le loro manie tra scarpette tecniche, tempi di percorrenza e via dicendo.

Centinaia di lettori avevano letteralmente demolito il povero autore, accusandolo di ogni nefandezza nemmeno fosse Hitler redivivo.

Orbene, è capitato di nuovo.  

Voglio dire, capiterà ogni giorno, ma io mi sono imbattuta in una situazione analoga solo l’altro ieri.

Il post incriminato si intitola “Gli aspiranti fotografi hanno rotto il cazzo”, di tale Malcolm Y del blog “L’Ibernazione”.
Appena l’ho visto condiviso su Facebook l’ho letto, ovviamente. 
L’ho trovato spassoso, un po’ sopra le righe, ma perfetto per descrivere un fenomeno che conosco molto bene.

Io per prima sono una fotografa della domenica e sono sempre stata circondata da fotografi più o meno dilettanti, molti dei quali armati di vera passione e dedizione, ma pur sempre dilettanti.

Non facciamo del male a nessuno, però sicuramente all’altra parte, a quella delle persone che non si interessano di fotografia o anche e soprattutto ai veri fotografi professionisti, ABBIAMO ROTTO IL CAZZO!

A chi non è mai capitato di trovarsi in una di quelle circostanze così ben descritte dall’autore, quando la conversazione viene monopolizzata dall’appassionato di turno (leggi per esempio mio marito…) che comincia a parlare dell’ultima macchina fotografica acquistata come un invasato, scendendo anche in dettagli squisitamente tecnici, tediosi per natura e di nessun appeal per molti?

È che ci dà fastidio ammettere di essere noi quel tipo di fotografo. 
 
Gli altri lo sono, quelli che mettono PH davanti al loro nome su orrende foto scattate in discoteca o che appioppano titoli assurdi a scatti mediocri.

Nessuno degli acidi commentatori che abbia ammesso di aver scattato foto di merda, di essere stato banale e ripetitivo, di aver scopiazzato i grandi nomi… 

Tutti punti sul vivo a parlare di democrazia e di diritti dei dilettanti. 
Ma chi li aveva messi in discussione?

Era solo uno sfottò, una presa in giro di un fenomeno che veramente si sta diffondendo a macchia d’olio, viste le prestazioni dei cellulari ed i prezzi sempre più abbordabili di una reflex media.

Malcolm Y citava gli scatti tipici dell’aspirante, tipo le foto agli specchietti retrovisori o quelle ad altri che stanno fotografando, i fiori con le gocce di rugiada….  azzeccando in pieno proprio i miei ultimi scatti!

Come qualche sporadico commentatore scriveva ogni 20 o 30 cattivissimi commenti: fatevi una risata!

Una bella risata e non prendetevi troppo sul serio. 
Verranno meglio anche le foto.
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venerdì 11 aprile 2014

#NeVadoFiero

Seconda catena tra blogger nel giro di pochi giorni!

Vengo chiamata in causa da Monica di Viaggi & Baci, che, bontà sua, crede io sia in qualche modo una persona speciale e quindi meritevole di questo passaggio di testimone.

L’iniziativa partita l’8 marzo di quest’anno sul blog Diqua & Dilà ha subito ottenuto un grande successo in rete e alla fine è approdata qui da me, povera blogger periferica senza arte ne parte.

Bisogna indicare almeno tre cose delle quali andiamo fiere, anche cose piccole, tipo che non occorre avere inventato il vaccino contro il cancro.

Io ci provo:

1) L’arte di arrangiarsi

Ecco, io ne sono maestra.
Dall’ago al trapano a percussione, dalla chiave a pappagallo alla forbice da potare.

Odio dover contare sugli altri, perfino su mio marito, che adoro e che non si esime, ma cerco sempre di farcela da sola.

Svito, incollo, smonto, progetto, riparo.
Se c’è un manuale di istruzione vuol dire che posso farlo. E anche se non c’è io tento.



Non ho mai avuto aiuti da parenti, donne di servizio o baby sitter.

Ho cercato e trovato lavori da sola, ho comprato casa prima dei trent’anni, ho viaggiato oltreoceano, sempre da sola.

So potare e legare centinaia di vigne - anche al nono mese di gravidanza, so riparare una tapparella, so cucire un vestito, una tenda o un copridivano, so hackerare il mio cellulare, so allestire un pranzo da gourmet, so cambiare le lampadine dell’auto, so fare gli origami geometrici, sostituisco prese e spine, metto lo Svitol nei cardini…una volta ho montato anche le catene da neve.

Ogni tanto mi manca la voglia, ma quello è un altro discorso…


2) La mia felice famiglia allargata

Banale ma vero: vado fiera della famiglia che mi sono costruita. 
Non è stato semplice ma dopo più di vent’anni posso dire di aver fatto un buon lavoro.

Ho conosciuto un uomo separato con due bambini piccoli, in grossa crisi per quanto riguardava il lavoro e la sua vita in generale.
Gli ho dato la voglia di ricominciare, l’ho appoggiato e sostenuto nei suoi sogni che sono diventati i miei, ho accolto i suoi figli e sono riuscita a farmi amare e rispettare da loro, insieme abbiamo avuto una figlia meravigliosa, l’ho seguito in tutti i suoi trasferimenti e sono sempre stata il suo punto fermo.


L’ho convinto a farsi visitare e curare anche se non voleva e gli ho letteralmente salvato la vita.
Non ho mai dubitato sulla felice conclusione della sua operazione a cuore aperto, anche durante le interminabili ore fuori la sala rianimazione sotto lo sguardo preoccupato dei suoi figli.

Sono stata paziente e tenace, sono stata comprensiva e generosa, sono stata amorevole.

Sì, di questo vado fiera.


3) Essere una blogger

A dispetto del mio apparente disinteresse per i riscontri al mio blog, sono veramente felice per ogni visita che ricevo e ancora oggi la cosa mi riempie di meraviglia e orgoglio.

Scrivo cose che le persone leggono!

Ho dei lettori affezionati. 
Per una persona timida come me, riuscire a raccontarmi e ricevere anche dei commenti sa di miracolo.


L’ho scritto anche recentemente: alla mia età trovare nuovi amici, avere contatti esterni alla famiglia o alle consuete cerchie è veramente difficile.

Invece da quattro anni a questa parte la mia vita è piena di nuovi incontri e di nuove esperienze.
Avere il blog mi impone di tenermi informata, di leggere di più, di approfondire di più.
Avere il blog mi ha aiutato a sciogliere diversi nodi del mio passato, mi ha fatto tirar fuori vari sassolini dalle scarpe, mi ha arricchito in mille modi.

E’ la mia  valvola di sfogo e la mia finestra sul mondo.
Forse più che fiera sono grata…ma va bene lo stesso!


Adesso dovrei citare i blog ai quali passare il testimone… ma non mi piace impormi. 

Solo se ne hanno voglia vorrei coinvolgere ero Lucy Van Pelt, Tulimami, Vivere a piedi nudi, Atelier Buffo e La Bussola e il diario.

Io so che avete un sacco di cose di cui andare fiere, ma forse qualcuno non sa quanto siete speciali!
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giovedì 10 aprile 2014

La catena delle poesie



e.e.cummings
Sono stata piacevolmente coinvolta da Nella del blog Rock Music Space in questa specie di catena di Sant’Antonio poetica, dove ogni blogger deve condividere una poesia che ama e chiedere ad altre cinque di fare altrettanto.

Ecco, io non chiederò a nessuno di specifico di continuare la catena. 
Lascio che chi lo desidera lo faccia.

La cosa sta girando anche su Facebook e, una volta tanto, la trovo un’iniziativa bella ed istruttiva alla quale partecipare con entusiasmo.

Ho avuto modo di scoprire poeti e poesie sconosciuti o di ritrovare versi persi nella memoria, e mi è piaciuto molto.


Mi piace leggere le poesie ad alta voce, mi crogiolo nella musicalità delle parole e poi le leggo ancora a mente per poterle assorbire fino in fondo.

Molte sono le poesie che amo. 
Alcune molto classiche, proprio quelle che si studiavano faticosamente a scuola, che da adulta ho capito e apprezzato e che son contenta di sapere ancora a memoria: La pioggia nel pineto, L’infinito, Meriggiare pallido e assorto, Dieci Agosto…

Altre le ho scoperte nei modi più diversi, su libri, nei film, citate da qualcuno e adesso anche navigando in rete.

Amo le poesie d’amore, non potrebbe essere altrimenti, e così vi dedico questa meraviglia di e.e.cummings (sì, in minuscolo come voleva lui e con le punteggiature surreali tipiche del suo scrivere…)


IL TUO CUORE LO PORTO CON ME


Il tuo cuore lo porto con me
Lo porto nel mio
Non me ne divido mai.
Dove vado io, vieni anche tu, mia amata;
qualsiasi cosa sia fatta da me,
la fai anche tu, mia cara.
Non temo il fato
perché il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo, perché il mio,
il più bello, il più vero sei tu.
tu sei quel che luna sempre fu
e quel che un sole sempre canterà sei tu
Questo è il nostro segreto profondo
radice di tutte le radici
germoglio di tutti i germogli
e cielo dei cieli
di un albero chiamato vita,
che cresce più alto
di quanto l’anima spera,
e la mente nasconde.
Questa è la meraviglia che le stelle separa.
Il tuo cuore lo porto con me,
lo porto nel mio.”


I CARRY YOUR HEART WITH ME

I carry your heart with me
( I carry it in my heart) I’am never without it
(anywhere I go you go,my dear; and whatever is done
by only me is your doing,my darling)
I fear no fate(for you are my fate,my sweet)
I want no world(for beautiful you are my world,my true)
and it's you whatever a moon has always meant
and whatever a sun will always sing is you

here is the deepest secret nobody knows
(here is the root of the root and the bud of the bud
and the sky of the sky of a tree called life;which grows
higher than the soul can hope or mind can hide)
and this is the wonder that's keeping the stars apart

I carry your heart
(I carry it in my heart)