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mercoledì 10 giugno 2015

La scuola è finita. Ma finita finita, eh!

Recita di fine anno - 1999
Sento che sarà un post pieno di luoghi comuni e retorica.

Dunque oggi è l’ultimo giorno di scuola per mia figlia.

Non ce ne saranno altri, chè l’università è un’altra cosa.

Sembra ieri (primo luogo comune) che l’ho accompagnata alla scuola materna di Boccon di Vo’, tra le braccia di Suor Bonifacia.

E sembra ieri che sceglievamo insieme i grembiulini rosa e gli zainetti, che attaccavo le targhette sul sacchetto e sugli asciugamani, che mi correva incontro sorridente quando andavo a riprenderla.

E quante recite, feste, torte, costumi. E colori e quadernoni .

Quante ore a ripassare le tabelline, a colorare, a parlare in inglese, ma anche in spagnolo e in latino, a ripercorrere la storia dal giurassico a tempi nostri, e gli egizi e i romani, i barbari, Colombo e Leonardo e avanti.

In fondo mi sto diplomando di nuovo anch’io!

Non sono triste. Ma mi sento strana.

Un ciclo si sta chiudendo e mi piacerebbe sapere di aver fatto un buon lavoro.

Nonostante gli indubbi successi scolastici di mia figlia, dalle olimpiadi della matematica alle varie borse di studio, non c’è stata una sera in cui non mi abbia detto: “Mamma, domani non voglio andare a scuola!”.

E pensare che ne avevo fatto un punto d’onore di assecondare sempre le sue scelte scolastiche, quali che fossero.

Dalle scuole medie lontane perché erano le uniche dove insegnavano spagnolo (e lei voleva tassativamente studiarlo) al Liceo Scientifico più scomodo ma con un piano formativo teoricamente più adatto alle sue inclinazioni, l’abbiamo sempre accontentata.

Ma in realtà non l’ho mai vista contenta.

Nemmeno il giorno dell’inaugurazione del suo affresco che ornerà il Liceo Messedaglia per sempre, era soddisfatta.

Aiutanti non all’altezza, colori acrilici che non rispecchiavano quelli del bozzetto e che rendevano il risultato grossolano rispetto alla sua idea iniziale.

Sui professori stendiamo un pietoso velo (forse qui non posso darle torto…) e totale incomunicabilità con molti dei suoi compagni, troppo diversi e lontani da lei come interessi, indole e modo di porsi.

Insomma per fortuna che è finita!




E penso a me, che ho dovuto al contrario di mia figlia, seguire sempre i diktat dei miei genitori che mi hanno mandato prima alle medie dalle suore Campostrini abbandonando tutti i miei compagni delle elementari e poi, per seguire il sogno di una figlia impiegata in banca, mi hanno costretta a frequentare l’Istituto per Periti Aziendali e Corrispondenti in Lingue estere, dove, ciliegina sulla torta, hanno voluto che studiassi tedesco anziché francese come avrei preferito.

E sapete una cosa? Io ho fatto buon viso a cattivo gioco.

Ho cercato di star serena, mi sono fatta molti amici, ho studiato il giusto per non essere mai rimandata.

La mia vita sarebbe iniziata sul serio solo quando fossi stata maggiorenne e indipendente economicamente.

Tutto il resto era solo un mezzo e così è stato.

Non mi sono stressata.
Dormivo, mangiavo, studiavo velocemente e poi andavo a spasso con la mia amica Elena.

Mia figlia ha sempre studiato tantissimo, non uscendo praticamente mai.
Fine settimana chiusa in casa, ansia, mali di testa, crollare addormentata alle 8 di sera e nonostante questo essere stanca il mattino dopo.

Io ricordo ancora con nostalgia tutto il mio periodo scolastico (un po’ meno le scuole medie…) e alla cena di reunion di cinque anni fa sono stata così felice di rivedere tutte le mie compagne.

Mia figlia non parteciperà nemmeno alla cena di classe.

Ma (domanda retorica) dove abbiamo sbagliato?

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domenica 4 gennaio 2015

La foto della domenica - Gennaio 1/2015 - Val di Non

Sono tornata.
Siamo stati così bene!
Le premesse non erano delle migliori dato che di neve non ce n'era nemmeno un centimetro.
Così abbiamo fatto finta che fosse estate e ci siamo fatti tutte le camminate nei boschi che ormai conosciamo bene ed è stato anche meglio: non si sudava come in luglio!



E' stato bello condividere la vacanza con nostra figlia ed il suo ragazzo: averli intorno, così sempre sorridenti e felici, freschi ed entusiasti è stato il valore aggiunto di queste giornate.


Quante risate e quanti scherzi.
Ci hanno messo di buon umore anche quando qualcosa sembrava andare storto.
Ci ricordavano ogni momento che essere con la persona amata è la cosa più importante e riesce ad amplificare la bellezza e minimizzare i problemi.

Ogni tanto (tipo dopo più di vent'anni insieme) si rischia di dimenticarlo!



La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta.



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lunedì 8 dicembre 2014

La foto della domenica 1/12 - Addobbare la casa...

 
Ieri la casa ha finalmente acquisito il suo aspetto natalizio definitivo.

Come sempre avevo iniziato io lunedi scorso, facendo innumerevoli viaggi garage/casa, portando su scatoloni e sacchetti, svuotando, districando e dividendo gli oggetti a seconda della loro destinazione storica.

L'albero lo lascio sempre alla fine perchè negli ultimi anni mia figlia desidera aiutarmi ad appendere le decorazioni.

Ma ieri è avvenuto un vero e proprio passaggio di testimone: lei ed il suo ragazzo lo hanno montato da zero, ramo per ramo, strato dopo strato.

Seduta comodamente guardavo il miracolo della creazione avvenire davanti ai miei occhi: la sistemazione delle lucine, delle decorazioni: hanno spazzato perfino il pavimento coperto di aghi (sì, li perde neanche fosse un pino vero).


Prima che fosse troppo tardi mi sono riservata il diritto di mettere il puntale e i due orsetti che da anni simboleggiano me e mio marito.

Insomma siamo a questo punto. É la vita.

Qualcosa mi dice però che il 7 di gennaio l'onore dello smontaggio sarà tutto mio...

La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta







giovedì 18 settembre 2014

Alienazione




La mia serata di ieri: due ore a ricoprire i testi scolastici di mia figlia mentre uno stupido film con Jennifer Lopez scorreva in sottofondo.

E’ liberatorio confessare le proprie debolezze: ebbene sì, io mi rilasso ricoprendo con perizia i libri. 




Compro i rotoli di pellicola trasparente e li ritaglio a misura.
Niente di preconfezionato. Non vale.

Ripiego le parti in eccesso all’interno, attacco la sua brava etichetta bianca sul davanti e guardo soddisfatta la pila salire.

Questo fin dalla prima elementare. 
Adesso è in quinta liceo e soffro perché è l’ultimo anno. 
Oppure si possono ricoprire anche i testi universitari?

Lei mi guarda comprensiva, come si fa con i matti che non bisogna contraddire e magnanima dice che non è un lavoro così necessario, anzi.

Ma a me piace farlo. 

Compriamo da sempre libri usati, quando possibile. 
Sono spesso rovinati, pieni di orecchie e piccoli strappi.
Lì io godo: scotch e ferro da stiro alla mano li riporto a nuova vita e poi via con la copertura plasticosa.

Non venitemi a dire che molte cartolerie offrono il servizio di ricopertura a caldo.  Non mi interessa.

Alla fine dell’anno scolastico molti dei costosissimi testi non sono stati neppure aperti. 

I professori spesso distribuiscono fotocopie o attingono dalla rete per spiegare qualche argomento ma la farsa della infinita lista di libri continua ogni anno.

Noi cerchiamo di rivenderli: sono come nuovi.  

Spesso non riusciamo dato che i docenti adottano nuovi testi e quindi i nostri sono inutilizzabili.
Uno spreco di denaro e carta che mi disturba parecchio.

Buttarli non se ne parla. Accumuliamo. 
Non so neppure io per chi o per cosa.
Ma i libri non si possono buttare (salvo quelli tributari, che si possono bruciare impunemente per scaldarsi, cit. “The day after tomorrow”…).

Non ho ancora finito: oggi mi aspettano i due volumi di filosofia e Lezioni di letteratura latina. 

Nel frattempo li sfoglio pure: sono materie che una perita aziendale come me non ha mai neppure sfiorato. 
Mi perdo tra gli argomenti e penso alla asincronia tra obbligo e desiderio di studiare, in mezzo ci passano vent’anni buoni.

Di “Chimica – concetti e modelli” mi affascina solo la copertina: una tavoletta di cioccolato fondente con i simboli degli elementi incisi su ogni quadrotto…

Rosa fresca aulentissima: questo è un bel titolo, musicale e gioioso. 
Su uno dei volumi c’è Charlie Chaplin che porge un fiore ad una ragazza.

Fatemi dare un’occhiata, dai….
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lunedì 15 settembre 2014

Mostri dopo la mostra




Il Padova Vintage Festival è finito ieri sera ed io mi sto trascinando per casa tipo zombie, tra occhiaie e piedi a cotechino, con la testa ancora piena di tutte le belle cose vissute in questi tre giorni – quasi quattro – di trasferta.

Una grande fatica, un bagno di folla inusuale per noi, orsi di natura.
Saltati tutti i nostri riti, orari, abitudini.

Non abbiamo mai parlato tanto, sorriso tanto, conosciuto tante persone tutte in una volta.





Mia figlia, la più orsa di tutti, dopo essere stata fotografata, intervistata, trascinata a destra e sinistra come una pop star con tanto di richiesta di selfie e autografi, ieri sera ha avuto il crollo della tensione con senso di vomito e pianto incontrollato.

Per fortuna che è andata bene, le ho detto. 
Pensa se ti avessero stroncato o peggio ignorato…

Per chi non lo conoscesse il Padova Vintage Festival – quest’anno alla quinta edizione – è la più grande kermesse italiana del settore.

Inserita nella favolosa location del Centro Culturale San Gaetano, un palazzo del 1600 completamente ristrutturato con  soluzioni avveniristiche di vetro e acciaio, mostra ogni anno tutti i più diversi aspetti del vintage, dall’abbigliamento all’oggettistica, dalle attività dimenticate ai movimenti culturali passati, libri, musica, balli, con un occhio di riguardo a quelle attività che pur partendo dal passato sono rivedute e corrette in chiave moderna.

L’esempio perfetto era dato dalla nostra presenza: l’uso di un mezzo obsoleto come una macchina fotografica istantanea, ormai fuori produzione, per ottenere qualcosa di estremamente innovativo e moderno.

Siamo stati letteralmente presi d’assalto dalla gente. 

I più maturi ricordavano perfettamente di avere avuto tra le mani una Polaroid ed i più giovani l’avevano magari vista in qualche film o video.





Ma quasi tutti non sapevano che oggi sono disponibili di nuovo le pellicole per poterle usare e che con queste pellicole si possono creare vere opere d’arte.

Noi esponevamo assieme ad altri due artisti: Marco Ragana ed Alan Marcheselli. 
Tre modi diversi e spettacolari di usare le nuove pellicole di Impossible Project, dal più classico alla manipolazione estrema.

I tre workshop dedicati alle tecniche della fotografia istantanea hanno registrato sempre il tutto esaurito e l’ultimo ha visto partecipare anche Silvia che ha mostrato in diretta come partendo da una foto si possa ottenere una base sulla quale dipingere con penne e acquerelli.


Davanti alle sue opere c’era un grande stupore.

Molti pensavano che si trattasse di decalcomanie o peggio di elaborazioni al computer. 

Invece ha passato tutta l’estate a perderci gli occhi, curva come una vecchietta, dipingendo con i pennelli più sottili e pregiati per non omettere il più piccolo dettaglio dei suoi “Neornithes”.


Da oggi, impegni scolastici permettendo, inizierà a caricare le immagini sulle sue pagine di DeviantART e su Society6, dove chiunque ami i suoi lavori potrà vederli ed eventualmente comprarli, dalla più classica riproduzione su cartoncino ai cuscini, borse, cover per cellulari ecc.

Comunque, a parte il nostro successo personale, tutto il Festival è stato un trionfo. 

Padova era invasa da una folla che sembrava uscita dal un film di Pupi Avati: gonne a ruota, cappellini, gilet e baffi a manubrio, bretelle, papillon e mezzi guanti.

I visitatori si sono comportati come se ci fosse un dress code ed è stato uno spettacolo solo il vederli passeggiare.
Le ragazze sembravano tutte più carine, così femminili e aggraziate ed i ragazzi erano troppo divertenti, con tube o bombette e scarpe bicolori.

Anch’io ho voluto strafare, portando i tacchi per tre giorni di fila. 
Oggi mi sto muovendo tipo bradipo.
Un bradipo molto felice e orgoglioso però!

Io tra le installazioni di "From sex to punk"
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martedì 26 agosto 2014

Una famiglia in mostra





Come accennato nel post precedente, vi racconto in modo più dettagliato il progetto artistico che ha impegnato per tutta l’estate mia figlia Silvia e, in parte, anche mio marito Massimo.

Si sa della passione per la fotografia istantanea di mio marito, con la sua collezione di macchine Polaroid dagli albori alle ultime prodotte, della quale ho spesso scritto sul blog.
E-bay e mercatini della zona vengono passati al setaccio in cerca del pezzo mancante. 
Vecchi rottami vengono riparati perfettamente e sono usati spesso e volentieri durante le nostre passeggiate e viaggetti vari.

Questo suo hobby ci ha portato a conoscere diversi altri appassionati e a frequentare fiere e mostre del settore. 
Alan Marcheselli è un Polaroider tra i più conosciuti e quotati e ha avuto la brillante idea di suggerire a mia figlia, della quale conosceva la passione per il disegno e per l'ornitologia, di provare a "contaminare" le istantanee di suo padre dipingendoci sopra: qualora il risultato fosse stato buono se ne poteva fare una mostra presso il suo negozio-atelier di Maranello.


Dettagli...

Così un giorno Silvia, guardando una foto scattata alla vasca dell’Arsenale di Verona, ha pensato di disegnarvi sopra alcuni fenicotteri.

Prima però ha eseguito un “lift off”, che altro non è che un procedimento che stacca la parte impressionata  dalla base cartacea.




Lo scollamento avviene immergendo in acqua la foto e poi con grande attenzione si trasporta la parte gelatinosa sulla base prescelta (nel caso di mia figlia, cartoncino per acquerelli).
Una volta che si è “ridistesa” la foto (magari lasciando alcune pieghe e qualche strappo ad hoc), si lascia asciugare e poi vi si può disegnare sopra.

Il risultato è stato così soddisfacente che tutti insieme abbiamo pensato ad una serie di opere nello stesso stile e cioè: angoli di Verona e uccelli esotici.

Dove sono appollaiati questi gufi?

Quindi siamo andati in spedizione per la città, con Silvia che indicava cosa fotografare dato che già immaginava il tipo di volatile e in quale posa l'avrebbe disegnato.

Una volta ottenuti diversi scatti “papabili” (cosa non così scontata con le foto Polaroid…) aggiunti ad alcuni che avevamo già, è iniziata la parte più lunga e faticosa, tutta a carico di Silvia.



Settimane china sul tavolino della sua camera, musica in sottofondo e libri naturalistici aperti tutto intorno. Sullo schermo del computer primi piani di casuari, are, colibrì, a seconda del momento.

L’occasione per esporre al Vintage Festival di Padova ce l’ha fornita proprio Alan Marcheselli, al quale è stato dato l’incarico di organizzare una mostra e alcuni workshop dedicati alla fotografia istantanea. 

Insomma saremo lì, al Circolo Culturale San Gaetano – ex Tribunale – di Padova il 12-13-14 settembre.

Silvia inoltre collaborerà con Alan al Workshop di domenica 14, dedicato alle manipolazioni delle istantanee.

Io vi aspetto, tanto mica sono artista: posso dedicarmi alle pubbliche relazioni e vivere di luce riflessa.



Tutte le informazioni sul Vintage Festival 2014 qui

lunedì 19 maggio 2014

Il video della settimana - 21/2014 - Disco dance



Vedi come il compleanno di mia figlia continua a darmi spunti per i post: per esempio parlando di musica.

Ieri, in alcuni momenti, il rumore di sottofondo (non si può chiamare proprio musica, dai) era molto fastidioso.

Così quando io o mio marito raggiungevamo proprio il limite chiedevamo: “ma che musica è questa?”.

House music.  

Quella che una parte dei compagni di classe di mia figlia balla tutte le settimane in discoteca.

Non so se avete presente di cosa parlo.
Ma è semplice.  

Unite tre note a caso.
Passatele in qualche sintetizzatore elettronico e ripetetele all’infinito.
I bassi si devono sentire fino in fondo allo stomaco.
Non c’è una melodia. Non c’è un testo.  

Il ritmo è giusto quello che potrebbe servire per sbattere la testa al muro fino a spaccarsela.

Allora uno dei ragazzi ci ha chiesto con condiscendenza: “ma voi cosa ballavate al Berfi’s?”.

Ma…i Bee Gees, tanto per cominciare!
E Gloria Gaynor, i Cerrone, Boney M, EW&F, i pezzi di Giorgio Moroder, KC& the Sunshine Band, Spargo, Sister Sledge, Donna Summer…

E sai una cosa? Le loro canzoni si potevano cantare! 

Questa è la grande differenza che ho riscontrato. 

Per una volta mi sono sentita una privilegiata. 
Adesso non avrò 18 anni ma li ho avuti quando andare a ballare voleva dire ascoltare brani che hanno fatto la storia e che sono piacevoli da sentire ancora oggi.

Musiche che mettevano allegria, giocose.
Se mi capita di sentirle alla radio mentre guido, le canto ancora battendo il tempo sul volante.
E sorrido. 

Chissà se questi ragazzi fra 30 anni riascoltando un pezzo di house music di oggi avranno la stessa reazione!