lunedì 24 febbraio 2014

Il video della settimana - 9/2014 - Scissor Sisters

Questo video del 2006 mi mette allegria.
I don't feel like dancing degli Scissor Sisters è una canzoncina con reminescenze disco dance cantata in falsetto stile Bee Gees.

Quando è uscito mia figlia faceva la quinta elementare e la mattina prima di andare a scuola aspettavamo sempre di vederlo su MTV per provare a ballare come Jake Shears, il cantante, quel pezzetto di danza celtica verso la fine.

Una specie di rito propiziatorio per la giornata.

Al di là dell'apparente leggerezza questa canzone è ben fatta, realizzata con la collaborazione di Elton John e Bernie Taupin ed il video è un capolavoro di postproduzione.
Il successo è stato mondiale e ha trascinato tutto l'album Ta-dah ai vertici delle classifiche.

Gli album fino ad oggi sono quattro e al momento il gruppo è in pausa.

Ma lo sapevate che il loro nome si riferisce ad una posizione sessuale che usano le lesbiche? Io l'ho scoperto oggi... in 'ste cose son proprio indietro!
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domenica 23 febbraio 2014

Radio Cubo Brionvega - La foto della domenica - 23/02/2014

Oggi abbiamo festeggiato gli 80 anni di mia madre in un bel ristorante a Valeggio sul Mincio.

La scelta è caduta su questo paese a pochi chilometri da casa nostra per un paio di ottimi motivi: i famosi tortellini ed il mercatino mensile dell'antiquariato.


Così, dopo un pranzo pantagruelico, abbiamo sgranchito le gambe per le vie del centro.
E lei era lì.
La mia radio.
La radio che ci ha accompagnato in tutti i nostri viaggi con la roulotte in giro per il mondo.
Esattamente uguale: color beige.

La radio Brionvega modello TS 502 detta Cubo.
Disegnata da Zanuso e Sapper, lanciata nel 1964 e diventata negli anni un'icona del design italiano.

E' una radio a transistor portatile. Pesa come un piccolo macigno.

Una volta estratta l'antenna la si faceva girare in cerca di un suono familiare, di una musica che ricordasse "casa".

E qui bisogna tornare indietro nel tempo.
A quando non c'era nemmeno il Walkman, a quando se eri in Turchia o in Marocco da settimane, non avevi alcuna notizia dall'Italia.
Era una festa trovare un Corriere della Sera, stampato su carta velina, vecchio di 5 o 6 giorni.


Ma la Brionvega, soprattutto verso sera, riusciva a beccare qualche canale italiano.
E stavamo lì, seduti intorno al tavolo abbassabile della roulotte, giocando a scala quaranta con il sottofondo delle canzoni di Celentano o dei Camaleonti.
Capitava di ascoltare anche romanzi a puntate. Cose che adesso è difficile perfino immaginare.

Poi si andava a dormire e io me la mettevo vicino all'orecchio, a volume bassissimo, e ascoltavo Supersonic e Pop off, programmi di musica ggggiovane che i miei non apprezzavano molto.

Più di una volta mi sono svegliata nel cuore della notte perchè ci avevo sbattuto addosso la testa.

Poi mio padre deve aver pensato che era sorpassata, che non si potevano ascoltare le musicassette (altro cimelio del passato) e l'ha sostituita con una schifezza plasticosa, che però ai tempi sembrava il top.

La Brionvega buttata o regalata. Chissà.

Ma oggi mio marito l'ha trovata, funzionante e a prezzo ragionevole.
Finora infatti avevamo sempre rinunciato a ricomprarla perchè, tornata di moda, è abbastanza cara.

Adesso, ripulita e fornita di nuove pile, è a mia disposizione.
Chissà se stanotte, ruotando lentamente l'antenna, sentirò ancora la voce di Carlo Massarini che annuncia "Pop off: Un'ora di sana e solida musica rock!".


La foto della domenica è un'idea di  Bim Bum Beta

#radio #cubobrionvega #CarloMassarini #Popoff






venerdì 21 febbraio 2014

Il festival delle teche Rai



Io ci sto provando. A guardare il festival di SanRemo, dico.

Mi metto lì sul divano, sintonizzo su Rai1, su Twitter sul tablet e alla fine cosa succede?

Che passo un paio d’ore ridendo dei tweet al vetriolo che arrivano e butto l’occhio ogni tanto sulla schemo tv.

Alle 23 circa crollo e tutto quello che c’è dopo me lo perdo, senza grandi rimpianti.

Ma non va bene.
Non dovrebbe essere così.

Che l’unico divertimento della serata sia ridicolizzare qualcuno, tanto per far passare il tempo.
Dovremmo in realtà arrabbiarci.

Perché in fondo sono soldi nostri che stanno usando per produrre questa immensa, logorroica, volgare e soporifera kermesse.

Noi non dovremmo neppure avere il tempo di andare su Twitter.  

La musica, vera protagonista dell’evento, dovrebbe riempire l’intera serata, senza soluzione di continuità.

Un bel programma snello.
Tanti cantanti, big e nuove proposte alternati, tre serate al massimo.

Si ascolta, si vota, alla fine un quarto d’ora per i conteggi in cui potrebbe venire un ospite, vivo preferibilmente, e buonanotte ai suonatori, nel vero senso della parola.

Invece ogni anno è sempre peggio.
Viene dato più spazio agli ospiti cantanti che ai cantanti in gara.

Una cosa offensiva per chi si mette in gioco in primis e poi un confronto impietoso tra hit già conosciute e canzoni che non sono ancora state assimilate e valutate con calma.

Gli ospiti non cantanti sono altrettanto assurdi: sportivi impacciati, attori lì giusto per fare la marchetta del loro film in uscita, intellettuali vari completamente fuori luogo.

E poi sketch e balletti, scenette che non fanno ridere nessuno, pistolotti su vari argomenti seri dei quali non è proprio il caso di parlare durante una gara canora.  

Manca il ritmo, manca la leggerezza, manca un pizzico di follia, mancano pure i fiori.

Tra celebrazioni di morti e tributi a vecchie glorie, il mio morale è andato sempre più sotto i tacchi.

Insomma sono solo canzonette: perché non ce le fate ascoltare come si deve?!?

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martedì 18 febbraio 2014

Sul set di un film...




Dunque ieri pomeriggio, verso le 15, vado nella mia filiale bancaria per fare un’operazione.

Appena entrata mi accorgo di qualcosa di strano… i clienti presenti sono immobili e un’impiegata mi fa cenno con il dito di stare zitta.

Giuro che per un attimo ho pensato che fosse in corso una rapina e mi si è fermato il cuore!


Invece dopo i primi istanti di sgomento ho visto un tipo (d’ora in avanti chiamato PADRE) che stava dirigendo due piccoli attori (d’ora in avanti chiamati FIGLIA e FIGLIO) nel film intitolato “Apriamo un libretto di risparmio”.

Allora FIGLIO di circa 4 anni e FIGLIA di 2 stavano in mezzo alla sala, lei con un martello in mano.

Per terra un trolley aperto e a fianco un grosso salvadanaio di terracotta multicolore.

Il PADRE imbracciando il telefonino con la destra e orchestrando con la sinistra faceva anche la voce narrante: “Eccoci arrivati in banca con i nostri soldini.
Erano così tanti e così pesanti che abbiamo dovuto usare il trolley”.

Intanto FIGLIA si lamentava che non sapeva usare il martello.

Allora PADRE interrompeva la registrazione per spiegare la dinamica della scena successiva.

I clienti presenti sempre immobili e zitti, tra il divertito e lo scocciato.

Finalmente al nuovo ciak FIGLIA inizia a martellare, ma senza risultato.
Allora FIGLIO strappa di mano l’arma alla sorella e in due o tre colpi spacca il salvadanaio.

La figlia frigna, i soldi si spargono rumorosamente per terra, per fortuna dentro ad un sacco trasparente predisposto, e PADRE continua a descrivere per i posteri tutta la scena.

Si interrompe un attimo e almeno io riesco a raggiungere lo sportello, dove l’impiegato scuotendo tristemente la testa mi sussurra: “non mi dica niente…”.

Il film riprende con FIGLIO e FIGLIA che entrano nella zona degli impiegati mentre PADRE con il sacco di soldi nella sinistra continua a riprenderli.

Ho fatto in tempo a fare tutta la mia operazione che la macchinetta conta monete stava ancora rumorosamente funzionando, con sottofondo di PADRE che ipotizzava la cifra totale e quanto bravi erano stati e FIGLI che chiedevano se dopo potevano riportarsi i soldi a casa, che tanto avevano ancora il trolley.

Mi hanno fatto un po’ pena sia per i sonanti soldini tramutati in silenziosi numeri ma soprattutto per il padre che hanno, che ho trovato veramente inquietante…
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lunedì 17 febbraio 2014

Il video della settimana - 08/2014 - Sergio Caputo


Molte coppie hanno quella che si chiama "la loro canzone".

Ecco, la nostra canzone è "Sabato Italiano", di Sergio Caputo.

Non è la tipica canzone romantica, tipo il primo lento che si è ballato o il sottofondo del primo bacio... lo so.

Ma in una coppia non proprio convenzionale ci sta anche questo.

La canzone cade "a fagiolo" in questa settimana sanremese, dato che nel testo si parla proprio di un sabato sera dove "la radio mi pugnala con il festival dei fiori".

L'album con il titolo omonimo è uscito nel 1983 ed è stato promosso nel programma cult Mister Fantasy di Carlo Massarini.
Fu Massarini stesso a far girare i video per ogni canzone dell'album portandole tutte ad un grande successo.

Caputo, grande jazzista ancora oggi in attività (recentissimi i concerti per promuovere Un Sabato Italiano 30) si distingue oltre che per il suo swing anche per i testi pungenti e ironici, che descrivono spesso la vita sregolata dei single anni 80.

Io e mio marito ovviamente li sappiamo tutti a memoria e li canticchiamo con grande gusto e nostalgia.

Altro super successo di quell'album è Bimba se sapessi.

Il titolo originale era Citrosodina, ma la casa farmaceutica produttrice fece storie e così titolo e testo furono modificati. 

Se pensate di farvi passare la gastrite con la fantomatica Idrofobina vegetale invece della Citrosodina granulare, sbagliate di grosso...

Resta comunque una canzone mito:



domenica 16 febbraio 2014

Verona in love - La foto della domenica - 16/02/2014

Si conclude stasera "Verona in love".
Un lungo fine settimana durante il quale la mia città è stata invasa da cuori di tutti i tipi, manifestazioni varie nelle piazze e nei teatri e soprattutto tanta, ma tanta, gente.

Venerdì sera ci siamo fatti coinvolgere anche noi dall'atmosfera...



La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta

venerdì 14 febbraio 2014

Disimpegno colpevole



Ci penso spesso, soprattutto negli ultimi tempi.

Noto su me stessa, ma sono in buona e numerosa compagnia, la predilezione a seguire programmi televisivi da decerebrati.


Mi trovo a guardare obesi che perdono 50 o 60 chili in poco tempo, gente disperata che cerca di impegnarsi le protesi dentarie, rigattieri che girano l'America in cerca di tesori nascosti nei vecchi garage e così via.

Dei programmi di ristrutturazione delle case ho già detto, ma non disdegno quelli che raccontano l'organizzazione di mega matrimoni o la scelta dell'abito perfetto.

Capitolo a parte trasmissioni sul cibo, da Masterchef al boss delle torte, passando per l'onnipresente Gordon Ramsay.

Tutto pur di non vedere un telegiornale e soprattutto un programma di approfondimento politico.

Non ce la faccio.
Come uno struzzo nascondo la testa nella sabbia del disimpegno più totale.

Non va bene. 

Dopo mi lamento se le cose non funzionano, se le tasse sono alte, se le bollette aumentano, se le strade hanno le buche.
Ma io in concreto cosa ho fatto per evitare questo sfascio, chi ho votato, chi ho lasciato che facesse o meglio non facesse i miei interessi al governo?!?

Alle volte invidio quelli che hanno il coraggio di scendere in piazza e metterci la faccia.
Non serve a niente ma almeno si sfogano e possono dire di averci provato.

Io sono di quelle che tendenzialmente si fidano delle promesse. 

Se ascolto il politico di turno e trovo del buon senso in quello che promette, gli do fiducia.

Sono di quelle che guardando qualcuno crede di aver capito tutto e dice: "mi sembra una brava persona" che poi magari qualche volta è vero ma essere onesti non vuol dire anche "competente" "propositivo" "lungimirante" ecc.

Ecco, Letta mi sembrava una brava persona.

Che era già molto dopo uno come Berlusconi.
Ma non è bastato evidentemente.

Renzi mi sembra un furbetto parolaio.

Ma a questo punto lasciamolo fare, magari qualcosa azzecca.
Magari è uno che c'ha culo.
Serve anche quello.

Io comunque continuerò a guardare Non ditelo alla sposa e Come è fatto.
Tanto se le bollette si abbassano me ne accorgo lo stesso.
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lunedì 10 febbraio 2014

Il video della settimana - 7/2014 - Jovanotti

Finalmente un tributo al caro Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti.
É la settimana di San Valentino e quale canzone migliore posso condividere di "A te", una dichiarazione d'amore che ognuna di noi vorrebbe sentirsi fare dal proprio compagno.

Jovanotti, l'ho scritto ancora, quando è uscito mi sembrava uno stupidotto, una meteora estiva che sarebbe presto finita nel dimenticatoio, mi piaceva ma non gli davo credito.

Invece sono felice di essermi sbagliata.
Si è rivelato un artista completo, anomalo nello stile e certo non dotato di una splendida voce, ma che musica e soprattutto che testi!

Ascoltare le parole che riesce a combinare insieme, che non sono mai messe lì a caso, che sono esattamente dove dovevano stare, come significato e metrica, mi impressiona sempre piacevolmente.

Si aggiunga la sua simpatia, i suoi look così particolari con le lunghe gambe sparate in giro e i calzoni sempre un po' corti, la esse sibilata e, cosa più importante il suo impegno sociale ed abbiamo un vero fuoriclasse.

In famiglia lo adoriamo tutti e lo ascoltiamo da sempre, già suoi fan in tempi non sospetti.
Non l'abbiamo mai visto dal vivo, ma chissà che prima o poi non accada,
Intanto l'anno scorso ci siamo visti il suo concerto in tv ed è stato bellissimo.

Condivido anche un'altra bella canzone d'amore, perchè a San Valentino si può esagerare in dolcezza:


La casa delle origini - La foto della domenica 09/02/14


Io, per parte di madre, sono proprio una veronese "de soca".
(soca: radice con la zolla intorno...)

Quindi passeggiando per il centro tantissimi angoli mi ricordano non soltanto fatti della mia infanzia ma anche numerosi aneddoti famigliari sentiti mille volte nel corso degli anni.

Sono così radicati nella mia memoria che a volte penso di esserci stata durante questo o quel episodio, anche se ovviamente è impossibile.

Per esempio se passo da Vicolo Ponte Nuovo mi pare di essere dentro al film della vita dei miei nonni e di mia madre e delle mie zie.



Io ci ho abitato dalla nascita fino ai 3 anni.
Poi, ufficialmente la mancanza del garage ma più probabilmente la vicinanza con i suoceri, ha spinto mio padre a spostarsi in Valdonega, quartiere collinare fuori le mura.

Vicolo Ponte Nuovo è tra le Arche Scaligere e la casa di Romeo da una parte e via Sottoriva dall'altra.

Il mio bisnonno faceva il barbiere.
Il lunedì, siccome non lavorava, andava al Monte di Pietà, o meglio dei pegni, in cerca di affari.
Comprava soprattutto gioielli e strumenti musicali che faceva finta di regalare alla mia bisnonna e a mio nonno, ma che dopo pochi giorni rivendeva "perchè ho un offerta che non posso rifiutare...".

Fattostà che mio nonno non ha mai fatto in tempo ad imparare a suonare alcuno strumento, ma suo padre con i guadagni delle compravendite ha acquistato tutto lo stabile al numero 8 di Vicolo Ponte Nuovo: 4 appartamenti più un magazzino e la cantina.

Lì hanno vissuto i miei bisnonni, poi mio nonno con mia nonna e le loro tre figlie, due delle quali anche da sposate per qualche anno.

Durante la guerra mia nonna è riuscita a cavarsela con un marito al fronte in Africa e tre bambine piccole solo con la rendita degli affitti.

Qui i racconti si sprecano: dalle corse notturne nel rifugio antiaereo, dal quale più di una volta le bambine sono tornate piene di pidocchi, alle code con le tessere per comprare il cibo, con rottura della preziosissima bottiglia dell'olio e successiva colletta del vicinato per riempirne un'altra.

Le case nel vicolo sono così vicine che si sente tutto quello che avviene negli appartamenti circostanti.

Per esempio durante il ventennio abitava di fronte ai nonni una coppia formata da un veronese e una meridionale.  Litigavano spessissimo, o meglio, lei urlava a più non posso nel suo dialetto incomprensibile e lui ad un certo punto interveniva con un secco: "Tasi (taci), abissina" e calava il silenzio.

Noi abitavamo in mansarda. Unico vantaggio il sole che entrava copioso, mentre per andare in bagno bisognava uscire sul pianerottolo ed entrare in un bugigattolo ricavato in un altro angolo della soffitta... non proprio il massimo!

Però avevamo un bel televisore ed i miei nonni si presentavano ogni sera per guardare i programmi con noi.
Forse questo è stato un altro dei motivi che ha spinto mio padre a cambiare casa.

Comunque ogni volta che passo da lì, dove adesso è tutto ristrutturato e nella cantina dove c'era il carbone c'è una specie di galleria d'arte, io mi sento un po' strana, come attraversata dai fantasmi di tanta gente che non c'è più e di cui un po' alla volta si perderà completamente la memoria.


La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta

#verona #vicolopontenuovo

sabato 8 febbraio 2014

La fiera dell'agricoltura - Passato e presente



Ecco che ci sono cascata di nuovo.

Nonostante io abbia già ampiamente sviscerato la questione (vedi post Repetita iuvant ma anche no) eccomi a fare il solito errore: voler ripetere un’esperienza del passato remoto e restarne delusa.

Oggi io, da vecchia babbiona quale sono, mi sono ricordata di quando, come tutti i bambini veronesi della mia generazione, andavo a visitare la Fiera dell’Agricoltura con la mia classe delle elementari.
Era bellissimo.

Allora i casi sono due: o il tempo ha ammantato di bellezza e fascino questo evento, così come ripulisce e fa brillare le vite di certi personaggi quando muoiono (avete mai sentito dire di un morto che era un pezzo di merda? Forse solo Hitler e Stalin non sono stati riabilitati…) oppure l’evento in questione era realmente migliore nel passato rispetto ad oggi.

In ogni caso era meglio restare nel dubbio, ma io sono così: una che vuole condividere vecchie esperienze con i propri cari.

E allora ho cominciato a descrivere al marito padovano e a mia figlia che non c’era mai stata, le antiche visite ai vari padiglioni, con gli stand dei paesi europei dove magari ti facevano assaggiare la fonduta svizzera e i wurstel tedeschi e poi tutte le esposizioni degli animali da stalla e da cortile.

C’erano decine e decine di tipi di galline e papere.
Pavoni, fagiani dorati, faraone.  
Interi settori con tutti i tipi di piccioni viaggiatori. 
Conigli d’angora meravigliosi.
Le scrofe con tutti i lattonzoli, mucche, vitelli, pecore e capre da lana e da latte.
Anche alpaca, guanachi e lama.

Nei miei ricordi c’erano gli aneddoti su mio zio che ogni anno comprava alle mie cugine qualche animaletto, tipo due papere o due coniglietti e un anno anche due mitici pulcini rosa.
Animali che dopo qualche mese sparivano misteriosamente - li abbiamo portati in campagna, ci diceva lo zio – salvo ricomparire sotto forma di arrosto alla faccia di noi bambine ingenue.

Comunque tutto era bello, era primavera (marzo, non febbraio come adesso), c’erano i fiori, c’erano i trattori colorati ed oltretutto avevamo i biglietti gratis.

Invece oggi cosa abbiamo visto? Alla non modica cifra di 15 euro a cranio ci siamo sciroppati 8 padiglioni di enormi e fantascientifici macchinari, un solo padiglione con varie mucche, due asini, dieci conigli e una ventina tra galline e papere.

Tutto qui.  Uno squallore unico.  

Ma cos’è diventata l’agricoltura oggi? 
Tutto sembra orientato verso tre o quattro attività: coltura del mais, della soia, della vite.  Allevamento di bovini.
Ogni cosa automatizzata il più possibile.

E ti saluto al mio romantico ricordo …
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martedì 4 febbraio 2014

Buon compleanno Facebook!




Facendo un bilancio dei miei anni di permanenza su Facebook, direi che alla fine è più che positivo.

Ci ho messo un po’ ad ingranare.


Superato il malinteso iniziale, sviscerato in uno dei miei primi post: "Facebook e l'operazione nostalgia" ho capito che avevo sbagliato approccio: Facebook non serve a ritrovare vecchi amici, o almeno non solo, ma è una piazza virtuale ottima per trovarne di nuovi.

Quelli adatti al te che sei ora, non al bambino di 40 anni fa o al giovane impiegato degli anni ottanta. 

Al te con le esperienze che hai maturato fino adesso, con i tuoi gusti attuali, le tue idiosincrasie e le tue nuove passioni.

Usare Facebook come facevo io all’inizio, come un vecchio pozzo in cui pescare tutti gli incontri del passato, spesso non porta grandi risultati.
Se va bene rimpianti e malinconia e se va male delusioni finanche orrore e ribrezzo.

Superata la fase del rastrellamento ossessivo del passato, che pure ogni tanto ritorna, è la possibilità di fare nuove conoscenze e di restare in contatto che va coltivata e che dà le maggiori soddisfazioni.

Come dice una vecchia battuta, dopo i quaranta è più facile essere uccisi da un terrorista che farsi nuovi amici, ma Facebook ha sfatato questa triste sentenza.

Frequentando le pagine dedicate agli argomenti preferiti o i gruppi virtuali nati intorno a qualche evento si è sicuri di interagire con persone con le quali abbiamo molto più di qualcosa in comune.

Qualche commento, qualche "mi piace", qualche scambio di battute, la condivisione di un'immagine che ti tocca nel profondo e capisci che quella persona  ti somiglia. 

Si può dire “a pelle” parlando di virtuale? 

Eppure è così: sento grande affinità con persone che non ho mai incontrato dal vivo.  

Trovo conforto e soddisfazione a scambiare con loro qualche frase o anche solo vedere cosa hanno pubblicato quel giorno.
Mi fanno stare bene. 
Più di qualche persona reale che ti chiede come va e con la testa è già da un'altra parte.

Mi si dirà: è tutto finto, se incontrassi davvero i tuoi contatti virtuali resteresti delusa.

E invece ne ho incontrati molti e non è mai andata così.   
Dal virtuale al reale il passo è breve e sicuro.

Non abbiamo 15 anni, non inventiamo falsi profili, siamo smaliziati e crudelmente sinceri ormai.
Siamo quelli che siamo, prendere o lasciare, e infatti ci prendiamo benissimo.

La scrematura è a monte e si può star sicuri che incontreremo esattamente quella persona che la pensa così, come traspariva dai suoi “stati” e dalle sue foto, che la pensa come piace a noi o anche in modo diverso ma stimolante e degno di rispetto.

A me in fondo non importa dei motivi meschini che hanno spinto Zuckerberg ad inventare la sua creatura o degli inevitabili problemi che ha creato in molte persone, dell’uso sbagliato che ne può essere stato fatto…io guardo all’uso che ne possiamo fare io e le persone che annovero tra gli amici.

Io e Facebook abbiamo raggiunto un discreto equilibrio: non ci passo le ore, l’ho domato e posso dire che sì, gli voglio bene!
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