venerdì 30 luglio 2010

La macchina del cuore


Credo che ognuno di noi abbia la sua macchina del cuore. Quella sognata fin da ragazzi, per la quale si sono risparmiati i soldi e fatto rate, quella che quando finalmente è arrivata si accarezzava con soddisfazione, quella che dopo, comunque, si rimpiange.

Nel mio caso si tratta di una Citroen 2CV Charleston, detta "La vecchia leona". Ancora adesso mi capita di riconoscere ad occhi chiusi il suono inconfondibile del suo motore e quando ne incontro una per strada mi scopro a sospirare mestamente.

Ho deciso che mi sarei comprata una 2CV a dodici anni, quando, durante una vacanza in Marocco con i miei, ne cominciai a vedere moltissime.
Nel campeggio dove eravamo, a Marrakech, c'erano gruppi di ragazzi stipati in queste macchinette, di solito azzurrine o gialle, sulla portiera avevano gli stickers delle papere e scritti i nomi delle oasi che avevano visitato... Goulimine, Tan-tan...
Mi sembravano tutti bellissimi, biondi e abbronzati, con questi fornellini traballanti e le tendine canadesi.
Io chiedevo a mio padre di andare nelle oasi ed ovviamente mi rispondeva che con la Ford Taunus e la roulotte non si poteva avventurarsi sulle piste del deserto e allora mi dicevo: "da grande avrò una 2CV e andrò dappertutto!"

Anche Claudio Baglioni aveva la mitica Camilla, la 2CV di Viva l'Inghilterra.

Ed ecco che finalmente ero grande abbastanza e soprattutto avevo abbastanza soldi per comprarla! Ovviamente contro il parere di mio padre e il sopracciglio alzato di molti coetanei, l'avevo ordinata: 4 anni di rate ma ce l'avevo fatta!

Mi ricordo tutto di lei: i ganci che tenevano fermo il tetto. Il bottone automatico per fermarlo a metà. Le cinghie quando si arrotolava tutto fino in fondo e la manopola da girare per aprire la presa d'aria davanti. Il finestrino davanti tagliato a metà, che per tenerlo aperto bisognava appoggiarlo allo specchietto retrovisore e il volantone con una sola razza...
Che mito! Le avevo fatto fare i coprisedile piedepoule bianchi e neri e sulle alette parasole c'erano decine di spillette.
Davo la cera al suo grande cofano bordeaux e ai parafanghi neri e mi faceva ridere il cuneo di legno in dotazione per i parcheggi in salita...

Non sono mai andata nelle oasi marocchine, al massimo a Rimini, ma è stata la compagna dei miei anni giovanili e di tutti i sogni di allora.
Una macchina certamente non veloce, ma affidabile, che non si è mai rotta...è semplicemente morta di vecchiaia a 14 anni, quando l'ho rottamata per un Defender Land Rover che al suo confronto non valeva una cicca.

Io e lei eravamo fatte l'una per l'altra e non ho più avuto questa sensazione salendo su altre automobili.
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giovedì 29 luglio 2010

Commessi scazzati

Esiste un luogo dell'orrore in un vicolo del centro, con un nome che sembra una presa in giro: Funcity. In questo antro stanno incastrati milioni di manga e fumetti vari, statuine degli anime e gadget.

Ma il vero problema è lui: il commesso scazzato.

Questa specie di commesso in verità è diffusa ovunque. Si tratta di individui per i quali viene spontaneo chiedersi: "Glielo avrà ordinato il dottore di fare questo lavoro?".

Rispondono malamente al saluto (non sono mai i primi a salutare) e si immergono quasi subito nella lettura o nella videata del computer o peggio in una telefonata personale.

La domanda: "Posso aiutarvi?" è sconosciuta e rispondono a monosillabi se interpellati.

Quasi sempre quello che gli chiedi non c'è (non c'è la taglia, non c'è il colore, non c'è quel numero di quel manga...) e non c'è una volta che dimostrino un minimo di interesse a procurarti un'alternativa o almeno un minimo di rammarico per non averti potuto accontentare.

Ma non sono lì per VENDERE???? Se anche non sono i padroni del negozio, prenderanno una percentuale sul venduto o no ?????

Io depenno periodicamente i negozi dove operano questi tristi figuri, ma accade che certi prodotti li vendano solo in "quel" negozio e così parto già di malumore per l'inevitabile incontro con lui: IL COMMESSO SCAZZATO.

E sogno...sogno di essere il protagonista di un film mitico: Un giorno di ordinaria follia, e cominciare a far fuori uno per uno queste squallide nullità, indolenti e maleducate.
Fino alla prossima volta, quando di nuovo succube della mania filo giapponese di mia figlia, tornerò nell'antro maledetto a spendere soldi con un bel sorriso di circostanza.
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mercoledì 28 luglio 2010

L'indole della crocerossina

Nonostante io non sia più una ragazzina ancora non mi è chiaro come facciamo noi donne a rovinarci la vita per un uomo.
Si possono leggere mille libri e vedere innumerevoli film sull'argomento, sentire le tristi esperienze di altre, ma ognuna di noi si è consciamente immolata per un uomo, alcune sono anche recidive...


Mah... c'è stato un periodo della mia vita, per fortuna molto lontano ormai, in cui io mi invaghivo sempre dello stesso tipo d'uomo: preferibilmente sposato o almeno fidanzato in casa, in cura da uno psicanalista, con sbalzi di umore non mitigati dal pesante uso di Lexotan, pieno di sensi di colpa e di rimpianti per non meglio definite occasioni perdute che lo avevano segnato indelebilmente.

Mi plasmavo per loro, assecondavo ogni loro desiderio e sopportavo solitudine e malumori con stoica pazienza. Giustificavo qualsiasi mancanza e cosa più grave, mi illudevo che sarebbero cambiati per me.

Nessuno cambia. Questa è la lezione che ho imparato.

Noi i difetti dell'uomo che abbiamo scelto li vediamo subito...facciamo solo finta eventualmente di non vederli: ci raccontiamo delle favole sulla possibilità di miglioramento e su eventi miracolosi che sistemeranno tutte le questioni in sospeso.

Bisogna farsi furbe: innamorarsi dei difetti del proprio uomo.
E guai se cambia!
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martedì 27 luglio 2010

Facebook e l'operazione nostalgia

Sì, anch'io ho ceduto al lato oscuro e un paio d'anni fa mi sono iscritta a Facebook.
Suddividerei la "questione Facebook" in quattro fasi:

I Fase - Diffidenza e cautela

Ne avevo sentito vagamente parlare.
Mio marito lo aveva descritto come uno strumento innocuo per restare in contatto o ritrovare vecchi amici....vabbè, se proprio ci tieni iscrivimi.

Ho cercato una foto recente ma dove mi si vedesse da lontano, ho scritto pochissime informazioni su di me, tipo DONNA, in cerca di AMICIZIE IN RETE, basta.

Per un paio di mesi non è successo assolutamente nulla.
Avevo 2 amici: mio marito e suo figlio.
In bacheca trovavo solo link a gruppi musicali sconosciuti e i botta e risposta tra il mio figliastro e i suoi 300 e rotti amici.

Non capivo cosa dovevo fare e quale utilità avesse per me questo mezzo.

Poi durante le vacanze di Natale sono stata contattata da un vecchio compagno delle superiori, che mi aveva trovata per caso e che parlava di cose completamente rimosse.
Premesso che ancora adesso non ricordo chi sia, questo fatto ha scalfito il mio scetticismo e, carta e penna alla mano, ho iniziato a scrivere i nomi di tutti compagni di scuola che ricordavo e di tutti gli ex colleghi e amici del passato.

II FASE- L'entusiasmo del segugio

Quello è stato il periodo più divertente.
Rovistare tra vecchie foto e cartoline, provare i nomi con i cognomi per vedere se suonavano giusti, telefonare a parenti e amici chiedendo: "ti ricordi come si chiamava quella che si era rifatta il naso quando io ho fatto la scrutatrice alle europee del '79? Quello che chiamavamo "il genietto" e "Tarmax". Il nome vero qual era?".

Un po' alla volta trovavo le persone e con i vari suggerimenti di amicizia in poco tempo ero arrivata a ben 25 amici.
Non mi vergogno di dire che ero quasi felice.

Era tutto uno scrivere e rievocare vecchi tempi e raccontare cosa si era fatto in tutti questi anni

Le mie giornate erano divise tra le incombenze abituali e un continuo rimuginare su vecchi fatti e vecchie amicizie.
Una specie di schizofrenia tra il presente e il passato, che ogni tanto, nel bel mezzo di un pranzo o per strada mi faceva esclamare: "Pinco Pallo!!!! - ecco come si chiamava!".

Nel frattempo ero diventata il genio dello scanner e giù a creare album di foto dei vari periodi: scuola, lavoro, vacanze... Taggavo a destra e sinistra e le soddisfazioni non mancavano: "Che bei tempi!" "Sei mitica!" "Ma dove hai trovato questa foto?!?!" "DOBBIAMO RIVEDERCI"....

III Fase - La rimpatriata

Ed ecco da più parti la richiesta sempre più pressante: "Organizziamo una cena!" "Dai, tu che hai tempo, organizza una re-union!".

E allora vai: messaggi, ma anche mail agli irriducibili che non si vogliono iscrivere a Facebook, ricerche sulle pagine bianche, su PIPL, come un agente della FBI a cercare le persone disperse nel tempo e nello spazio.

"Iscrivetevi!" Sembravo una di quelle "pasionarie" coinvolte in missioni umanitarie alla ricerca disperata di fondi.

E finalmente i primi incontri: il caffè con il compagno delle elementari, l'aperitivo con l'ex collega, la cena delle medie, delle superiori, dell'ultima ditta per la quale avevo lavorato, in un crescendo di amarcord e di confronti impietosi tra l'immagine di allora e le rughe e le pance di oggi...
"Come stai bene!" "Sei sempre uguale!"

Ma dove?!?
Ha cominciato a prendermi una tristezza strisciante, una desolazione, vedere uomini che ricordavo anche con un certo rimpianto, trasformati in vecchiotti imbolsiti, compagne di scuola incartapecorite, capelli bianchi o malamente tinti, tanti chili di troppo...

E la cosa più amara: non avevamo più nulla da dirci, ci univano solo vecchi aneddoti che non facevano nemmeno più ridere.

IV Fase - Disincanto e noia

Ed eccoci qua: con una settantina di presunti amici, a condividere link che non vengono più commentanti da nessuno, a mantenere tristemente il mio campo di Farmville, a non provare a cercare più nessuno per non avere delusioni.

Eppure qualche volta c'è ancora un guizzo: mi contatta qualcuno e per un attimo torna quella gioia infantile, come aprire un pacchetto misterioso o trovare un giocattolo dimenticato.

Ma ormai dura poco.
Tutto si riduce a qualche scambio di battute, due o tre tag e poi ognuno per se', come nella vita vera.
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lunedì 26 luglio 2010

Detestabile luglio


Luglio una volta non mi dispiaceva così tanto. Poi, col passare degli anni, ho iniziato ad odiarlo...così caldo, così lungo, così sempre a casa mentre pare che tutti gli altri siano in ferie!
Quando vivevo ancora con i miei a luglio si era sempre in giro per il mondo con la nostra roulotte. In Spagna, in Grecia, nel Nord Europa, insomma via, e si tornava spesso dopo Ferragosto. Mio padre era stato il più giovane pensionato della Cassa di Risparmio, grazie a una fantomatica legge "dei combattenti", così appena finita la scuola si partiva e si tornava quando erano finiti i soldi. Dato che i miei erano le persone più risparmiatrici del mondo si riusciva a stare via anche 2 mesi.
Comunque anche dopo, quando avevo iniziato a lavorare, luglio non mi pesava così tanto. Infatti ero costretta, in quanto ultima arrivata, a prendere ferie all'inizio di giugno e magari poi a inizio settembre, una cosa che adesso sembra una figata ma allora sembrava la più squallida delle situazioni. Invece così a luglio ero già bella abbronzata e riposata da 15 giorni di mare e avevo la prospettiva di un'altra piccola vacanza a fine agosto.
Adesso è tutto cambiato...è cambiata proprio la prospettiva. E l'età, ovviamente.
Mi trascino pesantemente per tutto giugno, tra pizze di fine anno scolastico di mia figlia, consegne di pagelle, vendita libri usati, preiscrizioni, il condizionatore acceso giorno e notte, prigioniera in casa mia, il cane da tosare e le piante che si riempiono di afidi. Non mi trucco più, peggio, non mi spalmo neppure la crema da giorno perchè mi fa sudare, i capelli alla maschietto e le canottiere più striminzite che trovo. Pile di camicie da stirare di mio marito, che poveretto soffre più di me, tutta la settimana a Milano, con un Pinguino rumorosissimo a mitigare l'afa. Le ferie in luglio non gliele danno. Non c'è verso.
Ed eccoci qui. Con 15 giorni da fare esattamente a cavallo di Ferragosto. Con i prezzi più cari, la calca peggiore e i primi temporali a rompere le palle.
Andare in centro è un suicidio. Le pietre chiare di Piazza Brà riflettono il sole e il calore in modo assurdo. Nei vicoli, che tanto amo in inverno, non gira l'aria e si sente solo odore di piscio di cane; i tedeschi, che già non amavo particolarmente invadono sempre via Mazzini, ma adesso sono affiancati da russi, giapponesi ed altre etnie indefinite ma comunque chiassose e malvestite.
Mi sembra di essere mia madre, che ricorda il centro com'era, con i bei negozi di stoffe e i banchetti di Piazza Erbe che vendevano effettivamente erbe. Vedo solo mutande e occhiali e figure immobili vestite da faraone o damina del settecento.
Questo non solo d'estate. Ma d'estate mi da' più fastidio.
Sono infastidita ecco. Mi sembra che tutti quelli che conosco abbiano la mamma, la sorella, l'amica con la casa al mare o al lago, felici di ospitarli gratis.
Io no. E ti dicono: "le ferie le facciamo in agosto, in luglio siamo a Bibione, dalla zia, o a Albisano, da mia sorella..." come se non fossero anche quelle ferie!
Io le passo qui a Verona, con 38 gradi e l'umidità amazzonica, guardando Facebook dove c'è la morte civile, perchè TUTTI SONO IN FERIE!

domenica 25 luglio 2010

Da qualche parte bisogna pur iniziare

Mi sono decisa a creare il mio blog, ma non sono sicura di sapere come funziona di preciso...

Diciamo che lo prendo come un diario moderno. Io non ho mai scritto un diario...ero troppo occupata a vivere.
Adesso invece le cose fondamentali le ho fatte e così posso tirare il fiato e magari scrivere su un diario in "differita".
Parlare del passato, ma anche del presente, commentare i fatti del giorno e raccontare le piccole cose che mi accadono.
Staremo a vedere cosa ne viene fuori

Io sono la Guà e questi sono i guàsti quotidiani.

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