Domenica scorsa, per concludere degnamente la settimana di San Valentino, abbiamo visto Letters to Juliet, un film americano girato a Verona e in Toscana.
Premesso che sconsiglio la visione a chi ha valori glicemici a rischio, voglio partire da qui per ragionare sull'idea che hanno gli anglosassoni e molti degli stranieri in generale sull'Italia e sugli italiani.
Noi viviamo in una cartolina. La luce è sempre dorata e le persone sorridenti. Tutti parlano inglese fluentemente e sono gentili e disponibili. Nei paesaggi non c'è mai un palo della luce, i balconi sono fioriti e si canta molto, soprattutto in napoletano.
E poi gesticoliamo come delle marionette e anche mentre lavoriamo nei campi siamo elegantissimi.
Ricordo quando abitavo a Londra che appena sentivano da dove venivo iniziavano: "Ah, the sunny place of Italy!!", "Ah, italian men...", "Ah, spaghetti bolognese!" e avanti con i luoghi comuni, fino a chiedermi come mai fossi figlia unica, che in Italia le famiglie sono sempre numerose e perchè non sapessi cantare "O sole mio".
Film come quello citato e molti altri, serial come i Soprano ecc., hanno contribuito in gran parte a questa idea confusa del nostro paese. Perfino John Grisham, in un suo romanzo ambientato a Parma, cadeva in tutta una serie di stereotipi degni di Liala e non di quell'ottimo scrittore che è...
L'idea del cibo è sempre approssimativa, colpa dei ristoranti italiani di quinta generazione che frequentano probabilmente. La Toscana sembra essere l'unico luogo con bei paesaggi, e qui è colpa di Sting e di tutta una serie di pseudo intellettuali britannici che hanno creato il Chiantishire.
Le donne sono sempre more e prosperose e gli uomini galanti in modo insopportabile...che noia!
Ma sì, in fondo anch'io quando sono stata in California pensavo di vedere solo fusti biondi con una perfetta dentatura e ragazze tipo fotomodelle pattinare a Venice Beach.... credetemi, non era così!
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