Mi
piaceva molto guardare gli incontri di tennis alla televisione.
Ricordo
i pomeriggi a seguire i tornei del Grande Slam quando a commentare i vari
Sampras, Becker e Agassi c’erano Clerici e Tommasi.
Su
Telemontecarlo, altro che Sky a pagamento.
Ho
imparato a giocare a tennis “da grande”.
Ecco,
imparato è una parola grossa, però mi barcamenavo e nei doppi misti facevo pure
la mia figura.
Infatti
portavo molto bene la gonnellina.
Tutto
era iniziato quando a 22 anni avevo firmato un contratto di lavoro a termine
con la Banca Popolare di Verona e per un anno avevo potuto frequentare anche il
loro circolo ricreativo.
La
mia collega di scrivania mi raccontava che il padre aveva iniziato a giocare a
tennis a 33 anni e aveva vinto molti tornei master, con grandi ancorchè tardive
soddisfazioni.
Quindi
avevo pensato di essere ancora in tempo per diventare una campionessa, o al
limite una decente giocatrice.
Seguiti
un paio di corsi e acquistata una splendida attrezzatura ero pronta.
In
fondo mi sono divertita.
Quasi tutti i
sabato mattina presto giocavo con qualche amica.
Un
paio d’ore a sudare sotto i palloni d’inverno e sotto il sole d’estate.
Spesso,
tra settimana, i divertenti doppi misti con i colleghi e magari qualche stupido
torneo al villaggio turistico durante le vacanze.
Poi
capita che la vita ti faccia sterzare bruscamente e cambiare strada e l’attrezzatura
da tennis è stata dimenticata nel suo bel borsone, pieno di palline
fosforescenti.
Altri
interessi, altre priorità.
Ecco,
dove il padre della mia amica aveva iniziato, io ho smesso. A 33 anni.
Ci
sono stati un paio di tentativi di ripresa.
Avevo
40 anni ed abitavo in provincia di Mantova. C’era un campo da tennis comunale
ad uso gratuito vicino l’asilo di mia figlia.
Così
un giorno ho tirato fuori il mitico borsone e tutta contenta di entrare ancora
nel più bello dei miei completini Sergio Tacchini mi sono seduta a bordo campo per cambiarmi le
scarpe, le mie costosissime Lacoste da terra battuta.
Dopo
due passi, mentre roteavo il braccio destro per infliggere un improbabile Ace a
mio marito, le suole hanno iniziato a sbriciolarsi, come fossero di gesso.
L’ho
interpretato come un segno e ho lasciato perdere per un altro annetto.
Dovevamo
trasferirci di nuovo e uno dei pro per l’acquisto di questa casa in provincia
di Verona è stata la vicinanza ad un centro tennis.
“Pensa
che bello – dicevamo io e mio marito – possiamo andare a piedi a giocare tutti
i fine settimana! ".
Sono
passati più di 10 anni e l’unica volta che ci sono entrata è stato per la
festina di compleanno della figlia dei titolari, che faceva le elementari con
la mia.
Però
quando qualcuno mi chiede che sport faccio io ci infilo sempre “tennis”.
Suona
bene. O no?!?
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.
.
Io ho imparato a giocare a tennis da adolescente, per andar dietro al moroso di allora che era un campioncino e giocava da quando andava all'asilo o giù di lì... all'epoca riuscivo anche a fare qualche punto ma poi è finito l'amore... anche quello con la terra battuta! Ho riprovato da grande con i miei cugini, ma mancava lo stimolo principale... :)
RispondiEliminaAnche io giocavo a tennis! Avevo preso qualche lezione con un maestro assieme a mia cugina e poi andavamo a giocare da adolescenti, a fare i doppi con gli amici. All'epoca c'era un piccolo campo da tennis a Solignano, incredibile, che poi è stato dimenticato e smantellato con l'arrivo del cantiere della ferrovia.
RispondiEliminaNon ero bravissima ma non mi dispiaceva. Nessun completino ma tutona da ginnastica, da vera campagnola. Però racchetta e palline le ho ancora. Il tennis mi è sempre piaciuto e ancora adesso guardo volentieri le partite in tv (avevo anche un poster di Agassi in cameretta... quanto era caruccio!!! ;) )