In
extremis - domani chiude - siamo andati finalmente a visitare la mostra
fotografica “Una storia americana” al Centro Internazionale di Fotografia Scavi
Scaligeri.
Io
non finirò mai di complimentarmi abbastanza con i responsabili delle varie
mostre che abbiamo visitato presso questo centro, perché mai ci hanno deluso,
anzi ci hanno lasciato spesso senza parole per l’ammirazione.
Questa
mattina abbiamo conosciuto meglio il lavoro di Gordon Parks, primo fotografo
afroamericano a lavorare per la rivista Life, ma non solo: regista, poeta,
musicista e scrittore che ha raccontato l’America dei contrasti razziali, della
povertà, delle lotte per i diritti civili, ma anche il mondo della moda – ha collaborato
con Vogue – e quello dell’arte e del cinema.
Quest’uomo
sapeva quello che faceva.
Le sue foto non sono solo foto: sono un racconto.
Ogni
scatto racchiude una storia o almeno una domanda o una provocazione.
Non
ti può lasciare indifferente.
Oltre
a questo, o prima di questo, c’è una tecnica sopraffina: inquadratura,
composizione, contrasto e luce.
Il
suo istinto fotografico (mi rifiuto di
pensare che studiasse ogni scatto) era innato.
Tra
l’altro nei suoi reportage curava anche la parte narrativa e quindi interagiva
con i soggetti delle sue foto, si faceva ospitare, raccontare la loro
quotidianità, instaurava un rapporto che è ben leggibile in ogni foto.
Certi
sguardi, l’intimità delle povere case, le speranze e i dolori sono tutti lì,
per noi, dopo più di sessant’anni.
Così
come le foto delle modelle di Vogue o di Ingrid Bergman e Marilyn Monroe: le
conosceva, le ascoltava, era una persona di cui si fidavano. Si vede.
Ho
adorato questa mostra.
Il
mio rispetto per i fotografi della vecchia guardia è uscito, se possibile, ancora
più rafforzato.
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Veramente belle!Ti consiglio,sui contrasti razziali negli anni '60,il film The Butler,non so se l'hai già visto.A me ha colpito tantissimo!
RispondiEliminaSì, il maggiordomo della Casa Bianca.... Bellissimo!
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