lunedì 10 settembre 2012

Paralimpiadi: una bella lezione



Sono finite ieri sera con una splendida cerimonia come splendidi sono stati tutti i dodici giorni di gare.

Sarò sincera, all’inizio mi sono imposta di guardarle. 
Non ho vergogna ad ammettere che preferisco girare lo sguardo dall’altra parte di fronte alla disabilità. 
Mi sento in imbarazzo, a disagio, in colpa e così via…

Penso a me, alla mia famiglia, a quanto siamo fortunati, a quanto diamo per scontate le nostre abilità, a come viviamo tranquilli senza soffermarci mai più di un attimo sul problema handicap.

Ma ho acceso la televisione sul Rai Sport 1 e ho seguito moltissime gare. 
Dopo i primi momenti di commozione mista a brividi, ho cercato di guardare oltre il problema e apprezzare il gesto atletico e godermi la competizione. Punto.

Mi sono messa nei panni degli atleti.
Ho pensato che ne avranno fin sopra i capelli di sguardi pietosi, di mani pronte a sorreggerli, di “corsie preferenziali” che in un certo senso li ghettizzano.

Se sono andati alle Olimpiadi è perché vogliono essere guardati e apprezzati per quello che sanno fare e non per quello che potrebbero eventualmente fare se fossero normodotati.

Si divertivano veramente.
Come e forse di più dei campioni ammirati un mese fa. 
Si percepiva la voglia di essere sostenuti in quanto rappresentanti sportivi del loro paese, senza badare ad altro.

Ognuno aveva storie diverse alle spalle.
Alcune incredibili di incidenti o di malattie, altri erano semplicemente nati così, con qualche dimenticanza genetica.

Era bello vedere come erano stati accorpati nelle varie categorie, cercando di uniformare la loro capacità sportiva “residua”.

Le più tremende come impatto visivo sono state le gare di nuoto.  
La mente si rifiuta di accettare che un tronco con quattro moncherini possa nuotare, ma i fatti dimostrano che è possibile e che si può battere chi magari ha ancora le braccia o le gambe.

Ho scoperto il Sitting Volley, con un Lucky Luchetta telecronista scatenato, ed il calcio per i ciechi, dove la palla ha all’interno dei sonagli ed il pubblico deve stare in silenzio religioso.
Le gare di Handbike con il magnifico Alex Zanardi e le avvincenti partite di pallacanestro in carrozzina.

Mi è piaciuto il pubblico, sempre presente in massa e festoso.
Mi sono piaciuti i commenti urlati di Lorenzo Roata, mio conterraneo, e le interviste agli atleti sempre così disponibili e poco “mondani”, dispensatori di messaggi e auspici meravigliosi.

Mi sono divertita e, senza retorica, arricchita molto.
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3 commenti:

  1. si, è vero, è difficile affrontare la diversa abilità: si ha quasi paura che sia contagiosa, o che non vedendola, non esista... ma le paralimpiadi sono la dimostrazione che il corpo non è quello che fa di noi uomini e donne... noi siamo il nostro entusiasmo nel fare e nel rischiare, nel sapersi mettere ingioco ( ed in in discussione) nonostante i limiti apparenti

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  2. E' vero Gua-sta, come siamo fortunati! A volte dovremmo rendercene conto.

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  3. non posso che confermare... sono stata allo stadio olimpico, ho avuto la fortuna di cantare l'inno per l'oro della Caironi, di assistere alla staffetta con lo stadio muto... emozioni a mille!

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