Io sono cittadina da generazioni, ma c'è stato un periodo felice durante il quale ho abitato sui Colli Euganei, coltivando insieme a mio marito un sogno bucolico, lontano dal "logorio della vita moderna".
Avevamo 10.750 vigne, 6 ettari di bosco ceduo e vari alberi da frutto, ciliegi, castagni, fichi, albicocchi e moltissimi roveti (i bastardi...).
Avevamo affrontato questa avventura con l'entusiasmo e l'ingenuità dei neofiti, e purtroppo dopo qualche anno siamo dovuti rientrare nei ranghi cittadini e lasciare la campagna ai veri contadini.
Questa esperienza mi ha comunque segnata e mi ha dato la possibilità di imparare moltissimo su di me e sulle mie capacità, più di qualsiasi scuola o azienda che avessi frequentato fino ad allora.
C'è un senso vero e antico nel lavoro dei campi.
Si fatica, di quella fatica che ti fa dormire bene, e si ottengono dei risultati che si possono toccare con mano, anzi si possono mangiare.
Per anni avevo visto passare carte sulla mia scrivania, qualcuno le aveva elaborate prima di me ed altri le avrebbero ricevute per elaborarle dopo.
Banche, società di consulenza, in pratica venditori di fumo.
Quello che facevo e che faceva la mia azienda non sarebbe servito a nulla in una società preindustriale o post nucleare...
Mangiare la propria frutta, vendere marmellate preparate da me, andare in un ristorante e bere vino uscito dalla nostra cantina, sono soddisfazioni che non si possono paragonare a nessun memo di complimenti di un freddo dirigente di Milano.
Nella vita poche cose possono essere gratificanti per me come potare una vecchia vite.
E' una cosa che si fa di solito in pieno inverno, quando la linfa sta dormendo, e si esce di casa con la nebbiolina gelida, tutti imbacuccati con le forbici da potare appena molate.
La pianta è lì, apparentemente secca, con tutti i suoi lunghi tralci aggrovigliati e bisogna cominciare a guardarla...a capirla.
Se ne devono scegliere solo 2 o tre ed eliminare senza pietà gli altri.
Magicamente la vite prende forma e allora si puliscono e accorciano i tralci rimasti...un'ultima occhiata per vedere se c'è qualche tralcio che esce da sotto l'innesto e avanti con la prossima.
Non bisogna aver paura di aver tagliato troppo, perchè nel giro di qualche settimana ogni gemma si ingrosserà e la vite comincerà a "piangere" con la linfa che gocciola e brilla al sole primaverile.
Poi sarà come in quei filmati accelerati, dove le nuvole corrono veloci, e le piccole foglioline si allungheranno in nuovi tralci verdissimi, pieni di viticci che abbracceranno ogni cosa e presto si vedranno mazzetti di fiorellini bianchi: i nuovi grappoli d'uva sono già qui... e bisognerà eliminarne alcuni perchè altrimenti la pianta si stressa...
Già...la pianta si stressa.
Anche noi avremmo bisogno di qualcuno che ci togliesse qualche grappolo di troppo, abbiamo questa iperattività inutile, basterebbe aver fatto per un po' i contadini per capirlo...
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Splendido ricordo, ripeterei l'esperienza anche subito!
RispondiEliminacon mio marito ho iniziato l'avventura "contadina" da due anni impiantando un piccolo frutteto su una collina del monferrato.....ora stiamo affrontando il giardino, abbandonato da moltissimi anni e invaso da edera e rovi....
RispondiEliminaBuona fortuna!
RispondiEliminaPrima di strappare i rovi approfittane per fare un'ottima marmellata di more... l'unica cosa positiva di quelle piante diaboliche!
hai ragione.. la vita in campagna è primordiale, ti ricorda che le nostre necessità in fondo non sono complicate, si fatica molto e si dorme bene. Peccato che non vi sia andata per il verso giusto.
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