Che bella invenzione la scrittura!
Poter fissare sulla carta (vera o virtuale) i nostri pensieri, le nostre inquietudini e le nostre gioie.
Poter leggere quelle degli altri.
Io, nel mio piccolo, ne so qualcosa
e sapere di poter trasferire nel blog le mie emozioni, i miei ricordi e tutto
quello che non riesco a dire a parole mi è di grande conforto.
Ci sono persone però che sono
molto più brave di me e trasformano il loro vissuto - passato e presente - e i sentimenti che ne derivano, in poesia.
Venerdì pomeriggio siamo stati invitati alla presentazione del nuovo libro di poesie di Nedda Lonardi Sterzi, la mia deliziosa vicina di casa, già citata nel post dedicato al suo cagnone Urian.
Intanto la cornice
dell’avvenimento era di quelle pregiate: la Biblioteca Capitolare di
Verona.
Risale al V secolo e al suo
interno contiene manoscritti, incunaboli, pergamene e 72.000 volumi
preziosissimi.
Sedersi nella sala grande,
circondati da volumi antichissimi, sapere che Papa Giovanni Paolo II l’ha
visitata con grande ammirazione, ha reso l’atmosfera ancora più magica.
Nedda scrive sia in italiano che
in veronese e ci parla di cose apparentemente semplici, di ricordi, di
nostalgia, di amore per i suoi cari e per la natura.
In poche righe ti fa sbirciare nel
suo cuore che è grande e un po’ timido.
Nella bella presentazione che le
ha scritto Mons. Alberto Piazzi, per 28 anni curatore della Biblioteca, si
legge che “la poesia è partecipazione vera e sentita anche nelle piccole e
umili cose” che è esattamente quello che penso anch’io.
Sarà che conosco un po’ la storia di Nedda o che osserviamo la stessa natura dalle nostre finestre, ma in alcune
sue poesie mi ci sono proprio trovata, come avvolta da pensieri che avevo avuto
ma non ero stata capace di esternare.
Ci si è chiesti, all’inizio della
presentazione, se la poesia ha ancora un senso di questi tempi.
Se c’è spazio per qualcosa che non
sia materiale, pratico, utile nel senso stretto del termine.
La conclusione per me e per i
presenti era ovvia.
Sì, lo spazio, anzi il baratro che
spesso si apre nel nostro animo in questa società così competitiva, talvolta superficiale
e insensibile, va proprio riempito di arte, di belle parole, di suoni
melodiosi, di profumi, insomma di quella bellezza intangibile che è
fondamentale per distinguerci dai calcolatori elettronici e non farci inaridire
del tutto.
IL PICCOLO PETTIROSSO
Un batuffolo di piume
il piccolo pettirosso,
uno svolazzo nella mia casa.
Avrei voluto trattenerlo,
stringerlo a lungo tra le mani;
non ho rubato un attimo
alla sua tensione al volo.
Un colpo d’ali, un frullo.
Improvvisa inversione di ruoli:
per lui il libero azzurro cielo,
per me una gabbia dorata.
Poesia tratta da “Nel respiro del
tempo” di Nedda Lonardi Sterzi – Gabrielli Editori
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