domenica 1 giugno 2014

Il conforto della scrittura




Che bella invenzione la scrittura!

Poter fissare sulla carta (vera o virtuale) i nostri pensieri, le nostre inquietudini e le nostre gioie.
Poter leggere quelle degli altri.

Io, nel mio piccolo, ne so qualcosa e sapere di poter trasferire nel blog le mie emozioni, i miei ricordi e tutto quello che non riesco a dire a parole mi è di grande conforto.

Ci sono persone però che sono molto più brave di me e trasformano il loro vissuto - passato e presente -  e i sentimenti che ne derivano, in poesia.




Venerdì pomeriggio siamo stati invitati alla presentazione del nuovo libro di poesie di Nedda Lonardi Sterzi, la mia deliziosa vicina di casa, già citata nel post dedicato al suo cagnone Urian.

Intanto la cornice dell’avvenimento era di quelle pregiate: la Biblioteca Capitolare di Verona. 


Risale al V secolo e al suo interno contiene manoscritti, incunaboli, pergamene e 72.000 volumi preziosissimi.
Vi hanno studiato tra gli altri Dante Alighieri e Francesco Petrarca.



Sedersi nella sala grande, circondati da volumi antichissimi, sapere che Papa Giovanni Paolo II l’ha visitata con grande ammirazione, ha reso l’atmosfera ancora più magica.



Nedda scrive sia in italiano che in veronese e ci parla di cose apparentemente semplici, di ricordi, di nostalgia, di amore per i suoi cari e per la natura.
In poche righe ti fa sbirciare nel suo cuore che è grande e un po’ timido.

Nella bella presentazione che le ha scritto Mons. Alberto Piazzi, per 28 anni curatore della Biblioteca, si legge che “la poesia è partecipazione vera e sentita anche nelle piccole e umili cose” che è esattamente quello che penso anch’io.


Sarà che conosco un po’ la storia di Nedda o che osserviamo la stessa natura dalle nostre finestre, ma in alcune sue poesie mi ci sono proprio trovata, come avvolta da pensieri che avevo avuto ma non ero stata capace di esternare.

Ci si è chiesti, all’inizio della presentazione, se la poesia ha ancora un senso di questi tempi. 
Se c’è spazio per qualcosa che non sia materiale, pratico, utile nel senso stretto del termine.

La conclusione per me e per i presenti era ovvia.  

Sì, lo spazio, anzi il baratro che spesso si apre nel nostro animo in questa società così competitiva, talvolta superficiale e insensibile, va proprio riempito di arte, di belle parole, di suoni melodiosi, di profumi, insomma di quella bellezza intangibile che è fondamentale per distinguerci dai calcolatori elettronici e non farci inaridire del tutto.


IL PICCOLO PETTIROSSO

Un batuffolo di piume
il piccolo pettirosso,
uno svolazzo nella mia casa.

Avrei voluto trattenerlo,
stringerlo a lungo tra le mani;
non ho rubato un attimo
alla sua tensione al volo.

Un colpo d’ali, un frullo.
Improvvisa inversione di ruoli:
per lui il libero azzurro cielo,
per me una gabbia dorata.

Poesia tratta da “Nel respiro del tempo” di Nedda Lonardi Sterzi – Gabrielli Editori


Nessun commento:

Posta un commento