Ho visitato la mostra “Resonance” a Palazzo Grassi lo scorso 20 dicembre, in occasione del mio
weekend romantico a Venezia.
Vi dico subito che purtroppo per chi non l’ha visitata,
ormai è finita.
Irving Penn è stato uno dei grandi fotografi del ‘900, morto
nel 2009, ha lavorato fino all’ultimo, soprattutto per la rivista Vogue per la
quale ha realizzato più di 150 copertine.
Ma Penn è stato molto più di questo.
Un grande ritrattista.
Non è stato detto quali macchine usasse (grave lacuna della
mostra) ma le usava con una perizia che ho riscontrato raramente perfino in
altri grandi fotografi dei quali ho visitato le mostre negli ultimi tempi.
Forse grazie alle stampe al platino o semplicemente all’uso
sapiente delle luci, le sue foto sembrano dei bassorilievi.
Era un fotografo da studio.
Ne aveva uno mobile che si
portava in giro per il mondo e dove ritraeva personaggi più disparati, tribù
primitive comprese.
C’è la serie sulle persone che svolgono lavori destinati a
sparire, dallo spazzacamino al giornalaio, dal palombaro alla lavandaia.
C’è la serie dei teschi di animali.
Ci sono i ritratti dei personaggi più famosi del secolo, da
Kennedy a Dalì, da Capote a Hitchcock.
Un po’ di Still life, però che meraviglia: mozziconi,
formaggio, tulipani.
Così vividi che pare di poterne sentire la consistenza...
Il filo conduttore è l’effimero.
Gioventù e bellezza, fama, professionalità, mode,
tradizioni, vita: tutto passa.
Ma se a fermare l’attimo è Irving Penn l’effimero è per
sempre.
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Grande post e foto parlanti
RispondiEliminaE poi il bianco e nero, una magia dentro l'altra..
Stupendo!
Grazie Annalisa, un bacio!