La seconda mostra che abbiamo visitato venerdì scorso è
stata quella dedicata a Gianni Berengo Gardin presso il Palazzo Tre Oci alla
Giudecca, meraviglioso esempio di neo gotico veneziano dei primi del ‘900.
Berengo Gardin, nato a Santa Margherita ligure nel 1930, è
uno dei maggiori fotografi italiani per quanto riguarda il bianco e nero
analogico.
Ha collaborato con le maggiori riviste, ha pubblicato
numerosi libri, è stato esposto nei musei di mezzo mondo, ha vinto premi,
insomma è un punto di riferimento per chiunque ami la fotografia classica.
Nelle sue opere (circa 130 in questa mostra) ho ritrovato le
tematiche tanto care a mio padre.
I paesaggi italiani, le case, le coppie, gli
zingari.
E l'amore per il bianco e nero - perché il colore distrae sia
chi fotografa che chi guarda - e tra le sue macchine fotografiche (anch’esse
esposte) alcune passate anche da casa mia nella mia infanzia e gioventù: la
Rolleiflex, la Nikon, la Hasselblad…
L’unico scatto in digitale è stato fatto con una favolosa
Leica Monochrom, macchina creata esclusivamente per il bianco e nero, per la
quale Berengo Gardin ha fatto un’eccezione.
La mostra era divisa per argomenti: dalle foto fatte nei
manicomi per uno studio che ha portato alla legge Basaglia e quelle per il
Touring Club, foto vecchie di 40 anni e foto degli anni 2000 che sembrano
scattate a pochi giorni di distanza in una coerenza, in “un’etica” fotografica,
che ho riconosciuto per la prima volta.
Bambini che giocano identici ai loro nipoti che giocano
negli stessi campi veneziani, coppie che si baciano durante il boom economico
uguali a quelle che si baciano durante la crisi.
Se la fotografia ferma il tempo, Berengo Gardin riesce
invece a farlo scorrere in un modo che ho trovato confortante.
Il gioco, l’amore, la vita all’interno delle
case, i cipressi in Toscana, le gite fuoriporta.
Una mostra che mi ha scaldato il cuore e mi ha fatto
rimpiangere una volta di più mio padre che tanto l'avrebbe amata.
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Penso che le emozioni della vita rimangano immobili nel tempo, ma come dici tu è un'immobilità confortante, nel boom economico e nella crisi.
RispondiEliminaAmo le foto del passato, anche quelle fatte magari meno bene...ma mi mettono addosso una malinconia profondissima.
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