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lunedì 8 giugno 2015

La foto della domenica - Giugno/1*2015 - Isola del Garda

Una domenica "sudata" ma piena di bellezza quella di ieri.

Vi ho raccontato spesso del Lago di Garda, meta comoda e sempre piacevole per noi che abitiamo a Verona, ma nonostante anni e anni di gite ieri ho visitato un posto che non conoscevo, bellissimo e pieno di storia: l'Isola del Garda, nella zona bresciana, comune di San Felice del Benaco. (Informazioni dettagliate qui)


Motivo scatenante è stato l'invito all'inaugurazione della mostra fotografica "Confettura dal Lago di Garda" di Pierluigi Cottarelli che qui esporrà fino al 18 ottobre 2015.


L'isola è lunga poco più di un chilometro e larga nel punto più ampio 160 metri.
É coperta di vegetazione lussureggiante, frutto di secoli di passione per il giardinaggio dei vari proprietari che si sono succeduti, i quali hanno portato terra fertile tra gli scogli, costruito mura di sostegno e creato i giardini all'inglese e all'italiana che oggi possiamo ammirare.

La villa in stile neogotico veneziano sorge sui resti di un antico monastero dove pregò anche San Francesco e perfino Dante ha soggiornato in questo luogo citandolo nella sua Divina Commedia.


Gli attuali proprietari, i sette fratelli Borghese Cavazza, aprono la propria dimora da Aprile a Ottobre.
Si arriva da diversi porti del lago, con un tragitto che va dai 15 ai 30 minuti a seconda del punto di partenza.
Si tengono concerti e si possono organizzare eventi, matrimoni e quant'altro.


Piccole costruzioni adibite a varie attività circondano la villa principale, ponticelli, sentieri, balconate...

Alberi e fiori meravigliosi, agavi e limoni: insomma tutto il necessario per diventare verdi d'invidia di chi può abitare qui sempre.








Alcune stanze si possono visitare, quella della musica e dei giochi, quella dei ricordi di viaggio, una camera da letto e la terrazza col bel soffitto affrescato.

La vista da ogni finestra è spettacolare.







Ma come dicevo il motivo di questa bella escursione era anche e soprattutto quello di ammirare le opere di Pierluigi Cottarelli che sono frutto di un progetto di arte concettuale che unisce fotografia e scultura per rappresentare il Lago di Garda.

Partendo dall'idea che il lago appartiene a tre province, distinte ma unite dall'acqua, Pierluigi ha creato una struttura in acciaio dove le punte da un lato si uniscono e dall'altro puntano in direzioni differenti.
Ha portato questa scultura in 24 diversi alberghi del Lago, l'ha fotografata in bianco e nero con pellicola Polaroid 665 ponendola sempre su un tavolino all'ora della colazione.
Ha poi scansionato le foto, le ha stampate in formato 4x5in. mettendo ognuna in un barattolo di vetro con tanto di coperchio con etichetta e nastrino.
Una confettura, appunto, che contiene i vari elementi che creano la bellezza del Lago di Garda.


La foto 25 è stata invece scattata sull'Isola del Garda dalla terrazza, a rappresentare proprio il centro di tutta l'opera e un punto immaginario di partenza o di arrivo per conoscere tutto il lago.


I vasetti sono esposti nelle stanze di un'antica casa contadina, dove un video ci fa conoscere meglio il pensiero dell'artista.

Ingrandimenti delle foto sono esposti vicino alle grotte, in un'altra location particolare.


Ancora una volta la vecchia Polaroid si presta a progetti d'arte speciali.
Le foto sono scarne, essenziali, non manipolate.

Basta un tavolino su una terrazza e sullo sfondo il lago per far venire voglia di andare a far colazione in uno di questi luoghi.

Le foto trasmettono calma e bellezza.

Bravo a Pierluigi e grazie per avermi fatto conoscere un'altra perla del Lago di Garda!
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La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta

lunedì 20 aprile 2015

La dura vita del Polaroider in provincia



Tanta stanchezza. Fisica e psicologica.

Ieri siamo stati al Fotomercato di Pordenone.

Per un appassionato di fotografia sembra una figata. O no?!?

Invece l’impressione è quella di aver sprecato soldi, energie e soprattutto fiato.

Mesi di preparazione del materiale da portare, dalle macchine fotografiche agli accessori, dalla cucitura delle coperture per i banchi espositivi al packaging, ai biglietti da visita, ai listini…

La battuta più bella quella di un altro espositore che alla vista del marchio di Impossible Project – la P rovesciata – ci ha chiesto se stavamo allestendo il banco dei panini.

In questa fiera si vendono soprattutto macchine analogiche, stivate come polli dentro alle stie.

Infatti ogni banco è coperto di reti più o meno fitte per evitare furti, suppongo.

Uno squallore unico.

L’età media dell’espositore è 60/65 anni.

Tipo vecchio fotografo che vuole sbolognare il magazzino o collezionista pungolato dalla moglie a liberare la cantina.

In mezzo alla loro merce, per altro spesso e volentieri di grande qualità, qualche Polaroid mal messa della quale non sanno minimamente lo stato né soprattutto il valore e che danno via per pochi soldi sputtanando completamente il mercato.

Infatti mio marito ne ha comprata una… (almeno lì ci guadagneremo qualcosa!).





Il nostro banco è il più figo di tutti.
Siamo in quatto, tutti vestiti ad hoc, con due diciottenni entusiasti che abbassano notevolmente la media dell’età dei presenti.

Veniamo guardati con un misto di sospetto e curiosità, forse talvolta con un po’ di disprezzo chè il vero fotografo non usa ‘ste macchine di plastica per il suo lavoro.

I discorsi che dobbiamo subire per tutto il giorno sono questi:

- Ah, la Polaroid! Ce l’avevamo in ufficio per fare le foto da allegare alla denuncia di incidente stradale all’assicurazione.

- Ah, avevo una di queste, forse questa, no forse quella, no quell’altra, insomma tipo quella lì, da piccolo.

- Ah la Polaroid… ce ne dev’essere una da qualche parte in casa… ma tanto non fanno più le pellicole! guardando il nostro banco dove le scatolette di pellicole sono appoggiate ad ogni macchina esposta.

A qualcuno si riesce ad iniziare a spiegare che da vari anni Impossible, così come FujiFilm, stanno producendo nuovamente le pellicole; si provano a descrivere le diverse tipologie delle macchine tipo: questa è una Big Shot, la usava Andy W… ma stanno già allontanandosi.



Guardo le mie unghie, con lo smalto nero e la piccola P rovesciata che ho applicato sull’anulare credendo che fosse un’idea grandiosa e penso a Milano, la settimana scorsa al MIAfair …. mi sembra di avere cambiato galassia.

Nel nostro stand c’è anche una grande esposizione di opere di molti Polaroiders, compresa tutta la serie dei Neornithes di mia figlia.

Perle ai porci.

E non dico altro.

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domenica 12 aprile 2015

La foto della domenica - Aprile/2*2015 - #MIAfair



Stanca e frastornata.

Un po’ di sindrome di Stendhal?
Forse sì, o forse è sempre e ancora l’età che avanza…

Ieri siamo stati al MIAfair di Milano, la fiera internazionale d'arte dedicata alla fotografia e all'immagine in movimento.

Avevamo visitato anche l’edizione dello scorso anno (ne avevo parlato qui) ma questa volta a spingerci ad andare era, oltre la nostra passione per la fotografia, l’eccezionale presenza di un’opera di nostra figlia Silvia.



Un suo mosaico di 12 Polaroid a formare una finestra attraverso la quale in un paesaggio capovolto volano dei fenicotteri dipinti ad acquarello. Un uomo di spalle (il suo ragazzo, formato a sua volta da tre lift off di Polaroid) li osserva dall’interno di questa casa volante.

Le grandi finestre della casa volante (more on DeviantArt)

Non so da dove le vengano certe idee (i film di Miyazaki? Pizza tonno e cipolla? Incubi da esami di maturità imminenti?) fatto sta che la normalità non abita la sua mente.

Nello stand Nital/Impossible Project erano esposti dieci dei mosaici di Polaroid che hanno partecipato al recente contest indetto dal sito Polaroiders e Silvia, pur non avendo vinto (onore a Roberto Landello e al suo bellissimo lavoro "Cenere") ha avuto una menzione d’onore e quindi l’invito a esporre.



Poi abbiamo trascorso ore tra i vari Stand, parlando a volte con i galleristi, altre direttamente con gli autori se erano presenti.

Un po' di stand...

“Tanta roba” per dirla in modo grossolano ma calzante.

Dalle foto icona di Gian Paolo Barbieri e Giovanni Gastel, che evocano riviste patinate di qualche decennio fa, alle sperimentazioni più ardite, dove la foto è solo una parte dell’opera.

Fotografi che sono anche performer.
Pittori che sono anche fotografi.
Una contaminazione di stili, di materiali, di messaggi.

Così, passeggiando con mio marito commentavamo questo e quello, lui molto più tradizionalista e nostalgico di me ma in definitiva d’accordo su alcuni punti cardine, tipo: “che almeno qualcosa sia a fuoco, che diamine!”.

Poi tornando a casa, collassata sul Frecciabianca delle 17,35 ho ripensato a tutto quello che avevo visto e ragionato sul mio metro di giudizio e su quello che in generale è la fotografia al giorno d'oggi.

Una specie di girone infernale che raccoglie chiunque: dagli instagramers ai famosi professionisti, dove quasi tutto è già stato fatto.
Dove guardando un’immagine spesso il primo pensiero è: “l’ho già vista”, “somiglia a”, “è lo stile di”, “mi ricorda”.

Per emergere, per lasciare un segno qualunque bisogna lavorare tantissimo, mentre un tempo i fotografi erano pochi e quelli famosi ancora meno.

Era il meraviglioso momento della “prima volta”.

Forse questo è uno dei pochi casi dove essere pionieri è più semplice che arrivare a cose fatte.

Quanta fatica per ottenere un risultato che non venga fagocitato dall’oceano di immagini che ogni giorno ci bombardano da ogni mezzo di comunicazione!

Un ricordo di quando ero piccola è mio padre che legge una rivista intitolata “Progresso fotografico”.

I punti di riferimento erano quelli e poco altro.
Adesso le mostre e i festival si susseguono in ogni città.
I contest sono migliaia, per tutti i gusti.
Poi forum, gruppi Facebook, igers e polaroiders, quelli che solo la reflex, quelli che solo lomo, in un flusso continuo.

Siamo tutti fotografi e siamo tutti critici fotografici.

Quei magnifici bianco e nero africani mi ricordavano le foto degli indigeni di Irving Penn.

Quei bambini messicani somigliavano a certi scatti di Tina Modotti.

Questo sembra di Helmut Newton, quello pare di Berengo Gardin.

Però in mezzo a tanto disquisire e confrontare qualcosa mi ha colpito in modo puro e diretto.

I Palazzi di Parole di Nicolò Quirico, i ritratti del cinese Eric Guo, i bianchi e nero di Marshall Vernet, gli interni di Sylvie Romieu, le installazioni di Tania Bressesco e Lazlo Passi Norberto.

Grande tecnica, perizia, sensibilità, inventiva, eleganza.

Insomma, MIAfair val sempre una visita.
C’è tempo fino a domani sera!

La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta
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mercoledì 25 marzo 2015

The 20x24" Esperience


Quando le passioni portano a fare cose folli…

Tipo precettare moglie, tre figli più che adulti che vivono in città diverse, ragazzo della figlia, tre amici polaroiders e noleggiare un pullmino per andare a Formigine (Mo) partendo all’alba.

A fare cosa a Formigine?

Due scatti con la mitica Polaroid Giant Camera, oggetto di dimensioni straordinarie, uno degli unici quattro (o cinque? Vi sono diverse leggende…) esemplari esistenti al mondo in grado di produrre fotografie di formato 50x70 cm con sviluppo istantaneo e negativo a strappo.

Com'è possibile intuire, ogni opera prodotta con questa fotocamera è UNICA ed irripetibile.

La Giant Camera non ha nessun tipo di supporto tecnologico che possa facilitare il professionista nel suo compito: il calcolo della luce, la distanza, il diaframma e i tempi devono essere scrupolosamente previsti in modo analogico, senza automatismi.



La fotocamera era fornita sia di lenti per il ritratto che per figura intera e medio grandangolare e sono state usate pellicole originali Polaroid, scadute da anni ma ancora perfettamente funzionanti, tipo “Chocolate” .




É arrivata in Italia per un solo fine settimana direttamente da Vienna, dove abitualmente viene usata presso il mitico Supersense, grazie ad Alan Marcheselli dell’Impossible Store di Maranello.



La location era quanto di più adatto ad un evento del genere: gli splendidi Magazzini San Pietro, un loft di recupero industriale di circa 1000 mq utilizzabile sia per lo scatto a luce naturale che con luci studio.






Noi ci eravamo prenotati per domenica mattina.




Alle 9,00 eravamo sul posto, carichi come molle, e si è subito iniziato a preparare il primo scatto, quello dei “tre fratelli”.

Il padre supervisiona...

Marco Christian Krenn, l’operatore che ha accompagnato la macchina da Vienna, si occupava dell’inquadratura ed Alan Marcheselli delle luci.

E’ stato divertente, ci siamo sentiti quasi come modelli o attori famosi.

Senza scarpe per non sovrastare il marito...

Dopo lo scatto ci sono alcuni momenti frenetici, l’atmosfera in fondo richiamava un po’ quella della sala parto.


Trasportare il negativo, metterlo nella sviluppatrice per farlo aderire alla carta fotografica inserendo gli acidi, poi appendere il tutto ed infine "aprire" la foto creava un’aspettativa tremenda.

C’era tanto di "ohohohoh" in crescendo e poi l’applauso liberatorio quando appariva il risultato.



Che nel caso della prima foto è riuscito meraviglioso, mentre in quella denominata “le due coppie” ci sono io con un'espressione così arcigna da far impallidire la Signorina Rottenmeier di Heidi.



Ero talmente preoccupata di non chiudere gli occhi che mi sono dimenticata di sorridere.

Pensare che ero così contenta…



sabato 7 marzo 2015

Istantaneamente femminile



Vi ho raccontato spesso delle mostre fotografiche che visito.

Gli autori degli scatti sono quasi sempre uomini.
Quasi.

Quale modo migliore per celebrare questo fine settimana dedicato alla festa della donna se non quello di condividere con voi le belle emozioni che mi ha dato la mostra "a a a"  presso lo spazio Bookique a Trento?

Conosco personalmente la polaroider Lucia Semprebon, una signora molto dolce e garbata che ha il merito di rendere dolci e garbate tutte le modelle che fotografa.




Ragazze cazzute, tatuate, solitamente con lo sguardo torbido e il piercing a spaglio, davanti al suo obiettivo rivelano la loro pura e semplice femminilità in modo disarmante.


Credo che Lucia sia una persona di grande empatia e che riesca a creare un ambiente molto sereno intorno a sè.  Si intuisce una grande complicità sul set, quel tipo di complicità che ci può essere solo “tra donne”.



Aver scelto la tecnica istantanea e quindi l’uso di vecchie Polaroid aggiunge ulteriore romanticismo alla foto.
Non è una scelta facile, anzi.   




Un polaroider oggi è giocoforza costretto ad usare apparecchi vecchi di 15, 20, 30 e anche 50 anni. Restaurati ma decisamente obsoleti sotto molti punti di vista.

Soprattutto ha a disposizione pellicole che niente hanno a che vedere con quelle che per esempio usavano Helmut Newton o Andy Wahrol.

Impossible Project che da qualche anno ha ripreso a produrle non può più usare i componenti chimici di allora, troppo inquinanti, e quindi è una continua sperimentazione.

Bisogna tener conto di tanti fattori, usare alcune cautele e spesso anche pregare aiuta.

Insomma è un piccolo azzardo.
Però Lucia in questo caso vince. Alla grande.


P.S.

La mostra  si trasferisce all’Impossible Store di Maranello dal 14 al 28 marzo.


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lunedì 1 dicembre 2014

La foto della domenica - 5/11 - Polaroiders in festa


Sabato pomeriggio trasferta a Maranello per il "Polaroiders Collection 2014 Party".




Nell'Impossible Store di Alan Marcheselli era esposta una foto per ogni Polaroiders tra tutte quelle prodotte recentemente.


Una selezione fantastica, dominata dalla presenza di un opera del grande Nubuyoshi Araki e per me ugualmente importante (insomma sono la mia famiglia) da una della coppia Massimo e Silvia Pedrina...










Alan è sempre un perfetto padrone di casa e ha fatto in modo che ci sentissimo liberi di fare i fotografi seri ma anche faceti, invitando una modella professionista, molto dolce, carina e disponibile nonostante il nome (Miele Rancido) ma permettendoci anche di giocare sul set e improvvisarci modelli a nostra volta.







Ognuno con la sua Polaroid, tutte diverse e particolari, i fotografi si sono sbizzarriti e sul sito Polaroiders i risultati non hanno tardato ad arrivare.


Qualcosina ho scattato anch'io, ma ho preferito godermi lo spettacolo e cercare di imparare dai fotografi "veri".





La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta


lunedì 15 settembre 2014

Mostri dopo la mostra




Il Padova Vintage Festival è finito ieri sera ed io mi sto trascinando per casa tipo zombie, tra occhiaie e piedi a cotechino, con la testa ancora piena di tutte le belle cose vissute in questi tre giorni – quasi quattro – di trasferta.

Una grande fatica, un bagno di folla inusuale per noi, orsi di natura.
Saltati tutti i nostri riti, orari, abitudini.

Non abbiamo mai parlato tanto, sorriso tanto, conosciuto tante persone tutte in una volta.





Mia figlia, la più orsa di tutti, dopo essere stata fotografata, intervistata, trascinata a destra e sinistra come una pop star con tanto di richiesta di selfie e autografi, ieri sera ha avuto il crollo della tensione con senso di vomito e pianto incontrollato.

Per fortuna che è andata bene, le ho detto. 
Pensa se ti avessero stroncato o peggio ignorato…

Per chi non lo conoscesse il Padova Vintage Festival – quest’anno alla quinta edizione – è la più grande kermesse italiana del settore.

Inserita nella favolosa location del Centro Culturale San Gaetano, un palazzo del 1600 completamente ristrutturato con  soluzioni avveniristiche di vetro e acciaio, mostra ogni anno tutti i più diversi aspetti del vintage, dall’abbigliamento all’oggettistica, dalle attività dimenticate ai movimenti culturali passati, libri, musica, balli, con un occhio di riguardo a quelle attività che pur partendo dal passato sono rivedute e corrette in chiave moderna.

L’esempio perfetto era dato dalla nostra presenza: l’uso di un mezzo obsoleto come una macchina fotografica istantanea, ormai fuori produzione, per ottenere qualcosa di estremamente innovativo e moderno.

Siamo stati letteralmente presi d’assalto dalla gente. 

I più maturi ricordavano perfettamente di avere avuto tra le mani una Polaroid ed i più giovani l’avevano magari vista in qualche film o video.





Ma quasi tutti non sapevano che oggi sono disponibili di nuovo le pellicole per poterle usare e che con queste pellicole si possono creare vere opere d’arte.

Noi esponevamo assieme ad altri due artisti: Marco Ragana ed Alan Marcheselli. 
Tre modi diversi e spettacolari di usare le nuove pellicole di Impossible Project, dal più classico alla manipolazione estrema.

I tre workshop dedicati alle tecniche della fotografia istantanea hanno registrato sempre il tutto esaurito e l’ultimo ha visto partecipare anche Silvia che ha mostrato in diretta come partendo da una foto si possa ottenere una base sulla quale dipingere con penne e acquerelli.


Davanti alle sue opere c’era un grande stupore.

Molti pensavano che si trattasse di decalcomanie o peggio di elaborazioni al computer. 

Invece ha passato tutta l’estate a perderci gli occhi, curva come una vecchietta, dipingendo con i pennelli più sottili e pregiati per non omettere il più piccolo dettaglio dei suoi “Neornithes”.


Da oggi, impegni scolastici permettendo, inizierà a caricare le immagini sulle sue pagine di DeviantART e su Society6, dove chiunque ami i suoi lavori potrà vederli ed eventualmente comprarli, dalla più classica riproduzione su cartoncino ai cuscini, borse, cover per cellulari ecc.

Comunque, a parte il nostro successo personale, tutto il Festival è stato un trionfo. 

Padova era invasa da una folla che sembrava uscita dal un film di Pupi Avati: gonne a ruota, cappellini, gilet e baffi a manubrio, bretelle, papillon e mezzi guanti.

I visitatori si sono comportati come se ci fosse un dress code ed è stato uno spettacolo solo il vederli passeggiare.
Le ragazze sembravano tutte più carine, così femminili e aggraziate ed i ragazzi erano troppo divertenti, con tube o bombette e scarpe bicolori.

Anch’io ho voluto strafare, portando i tacchi per tre giorni di fila. 
Oggi mi sto muovendo tipo bradipo.
Un bradipo molto felice e orgoglioso però!

Io tra le installazioni di "From sex to punk"
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martedì 26 agosto 2014

Una famiglia in mostra





Come accennato nel post precedente, vi racconto in modo più dettagliato il progetto artistico che ha impegnato per tutta l’estate mia figlia Silvia e, in parte, anche mio marito Massimo.

Si sa della passione per la fotografia istantanea di mio marito, con la sua collezione di macchine Polaroid dagli albori alle ultime prodotte, della quale ho spesso scritto sul blog.
E-bay e mercatini della zona vengono passati al setaccio in cerca del pezzo mancante. 
Vecchi rottami vengono riparati perfettamente e sono usati spesso e volentieri durante le nostre passeggiate e viaggetti vari.

Questo suo hobby ci ha portato a conoscere diversi altri appassionati e a frequentare fiere e mostre del settore. 
Alan Marcheselli è un Polaroider tra i più conosciuti e quotati e ha avuto la brillante idea di suggerire a mia figlia, della quale conosceva la passione per il disegno e per l'ornitologia, di provare a "contaminare" le istantanee di suo padre dipingendoci sopra: qualora il risultato fosse stato buono se ne poteva fare una mostra presso il suo negozio-atelier di Maranello.


Dettagli...

Così un giorno Silvia, guardando una foto scattata alla vasca dell’Arsenale di Verona, ha pensato di disegnarvi sopra alcuni fenicotteri.

Prima però ha eseguito un “lift off”, che altro non è che un procedimento che stacca la parte impressionata  dalla base cartacea.




Lo scollamento avviene immergendo in acqua la foto e poi con grande attenzione si trasporta la parte gelatinosa sulla base prescelta (nel caso di mia figlia, cartoncino per acquerelli).
Una volta che si è “ridistesa” la foto (magari lasciando alcune pieghe e qualche strappo ad hoc), si lascia asciugare e poi vi si può disegnare sopra.

Il risultato è stato così soddisfacente che tutti insieme abbiamo pensato ad una serie di opere nello stesso stile e cioè: angoli di Verona e uccelli esotici.

Dove sono appollaiati questi gufi?

Quindi siamo andati in spedizione per la città, con Silvia che indicava cosa fotografare dato che già immaginava il tipo di volatile e in quale posa l'avrebbe disegnato.

Una volta ottenuti diversi scatti “papabili” (cosa non così scontata con le foto Polaroid…) aggiunti ad alcuni che avevamo già, è iniziata la parte più lunga e faticosa, tutta a carico di Silvia.



Settimane china sul tavolino della sua camera, musica in sottofondo e libri naturalistici aperti tutto intorno. Sullo schermo del computer primi piani di casuari, are, colibrì, a seconda del momento.

L’occasione per esporre al Vintage Festival di Padova ce l’ha fornita proprio Alan Marcheselli, al quale è stato dato l’incarico di organizzare una mostra e alcuni workshop dedicati alla fotografia istantanea. 

Insomma saremo lì, al Circolo Culturale San Gaetano – ex Tribunale – di Padova il 12-13-14 settembre.

Silvia inoltre collaborerà con Alan al Workshop di domenica 14, dedicato alle manipolazioni delle istantanee.

Io vi aspetto, tanto mica sono artista: posso dedicarmi alle pubbliche relazioni e vivere di luce riflessa.



Tutte le informazioni sul Vintage Festival 2014 qui