Fin da piccola mi piacevi.
Quando i miei genitori dicevano
che saremmo venuti a trovarti io ero felice.
Tu e tua moglie vivevate in una casa tutta diversa dalla
mia.
Non divani di velluto e mobili in stile, ma pelle e
acciaio.
Non stampe inglesi ma quadri di cavalli al galoppo o forme
geometriche dai colori forti.
E poi lei: la lava lamp.
La mettevate in funzione per tempo, in modo che quando fossi arrivata le
bolle stessero già salendo e scendendo pigramente.
Avrei potuto stare ore a guardarla.
Col tempo avevate aggiunto un’altra meraviglia: la lampada a
fibre ottiche.
Come una grande attinia
dalle punte colorate e luminose che girava lentamente.
Non eravate riusciti ad avere figli ed avevate un debole per
me. Lo sapevo.
Questo trattarmi da grande. Chiedermi di raccontare.
Ascoltarmi con attenzione.
Guardare ammirati i miei disegni e volerne tenere
qualcuno da incorniciare.
E poi c’era King. Diminutivo di King Kong era la tua scimmietta
di razza uistitì.
Uno scricciolino di una trentina di centimetri che
scorrazzava per casa.
Tranne in inverno
quando stava rintanato in una specie di sacchettino appeso al termosifone e
sbucava con la sua testina da idolo amazzonico, curioso come solo le scimmie
sanno essere.
Ladro di uova, scappava tenendone una sotto ogni braccio e
lanciava urletti dal lampadario o dalla cima della libreria.
A te ubbidiva abbastanza e si appollaiava sulla spalla, giocherellando
con il lobo del tuo orecchio o tentando di spulciarti in mezzo ai tuoi capelli
dal corto taglio a spazzola.
Anche fisicamente eri particolare.
Alto, sempre con la maglia a dolcevita, l’accento francese.
Eri un barone, di antica nobiltà ma molto decaduta. E sei sempre stato troppo onesto per fare soldi. Troppo signore.
La tua infanzia era trascorsa a Ginevra e ne sapevo poco.
Solo che quando andavamo in Turchia dovevamo comprare i Lokum perché erano dei
dolcetti che ti ricordavano una pasticceria dove andavi da piccolo.
Morto King, che custodivate in una bella scatoletta di legno
wengè in salotto, avete preso Papik, un gattone bianco che vi ha fatto
compagnia per 18 anni.
Poi avete deciso che eravate troppo vecchi per prendere un
altro animale che avreste fatalmente lasciato orfano e così ti sei dedicato
alle piante.
L’unica persona che conosco che riproduce i gerani
raccogliendone pazientemente i semi.
Poi
la passione per le piante grasse e le succulente che riempivano il tuo piccolo
balcone.
Anni fa me ne hai regalata una.
Fiorisce tutti gli anni e ha fatto tanti figli
che ho trapiantato e che stanno crescendo pronti a fiorire a loro volta.
Vedi, anche se ieri ti ho salutato per l’ultima volta, la
vita continua.
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Dev'essere stata davvero una persona eccezionale...
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