Ieri sera ho assistito ad una delle tre serate di Verona
Jazz al Teatro Romano.
Il programma prevedeva due esibizioni distinte: la prima
parte dello Shai Maestro Trio e la seconda di Gino Paoli accompagnato da un pianista, un bassista, un
trombettista e un batterista.
Sulla carta l’attrazione principale doveva essere Gino
Paoli, ma la vera sorpresa è stato il trio composto da Shai Maestro,
venticinquenne pianista israeliano, Ziv Ravitz batterista pure israeliano e Jorge Roeder
bassista peruviano.
Questi tre ragazzi,
newyorkesi di adozione, hanno fatto letteralmente le scarpe ai cinque
vecchiotti italiani, che accaldati al limite dell’infarto, male assortiti e
accordati, gigioni più del necessario si sono limitati ad una esibizione senza
infamia e senza lode.
Dei mestieranti che
tiravano a finire la serata e farsi una doccia quanto prima possibile.
Mentre da una parte Shai Maestro Trio ha eseguito tutte musiche
originali, dove originale ha il doppio significato di essere scritto
direttamente da Shai e di affrontare sonorità nuove e particolari, che
attingono perfino a melodie sefardite, dall’altra abbiamo Gino Paoli che va sul
sicuro e canticchia i suoi successi, permettendosi addirittura di fumare tra
una strofa e l’altra passeggiando sul fondo del palco e costringendo i
musicisti ad aspettarlo.
Musicisti che a loro volta abbandonavano lo strumento e
sparivano nelle retrovie a bere e a tergersi il sudore con ampi asciugamani
bianchi.
Sembravano un gruppo di amici che si erano trovati a suonare
per i cazzi loro e ridacchiavano e se la raccontavano intanto che uno faceva l’assolo.
Il trio newyorkese invece è stato capace di trasmettere la
passione e l’entusiasmo che mettono nel suonare e Shai non la finiva più di
ringraziare il pubblico per l’attenzione, di lodare la splendida location, di
spiegare il loro percorso e quello che ogni pezzo significava.
Chiaramente due israeliani ed un peruviano non hanno avuto
problemi a sopportare l’afa veronese e la loro giovane età li rende frizzanti
senza sforzo, ma mi aspettavo veramente di più da Gino Paoli.
Se ogni passione fatalmente si trasforma in abitudine, l’abitudine non
deve diventare sciatteria.
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Mi auguro proprio che ogni passione non si trasformi in abitudine... sob!
RispondiEliminaMeno male che il trio ha salvato la serata!