Dopo tre recensioni di mostre fotografiche “tradizionali” mi
adeguo ai tempi e vi racconto qualcosa di veramente particolare che ho visto
giorni fa:
l’esposizione delle opere di Cecilia Webber, al museo civico di
Storia Naturale di Verona fino al 30 giugno.
Si tratta di una giovane artista americana che crea immagini
digitali di fiori, insetti e piccoli animali.
La particolarità del suo lavoro sta nel fatto che mentre da
lontano sembra di vedere un girasole, una farfalla o un camaleonte… da vicino
si nota che il tutto è formato da corpi nudi o da parti di essi, gambe, schiene
e cosi via, ripetuti molte volte, ingranditi o rimpiccioliti e colorati
successivamente, fino a formare una perfetta riproduzione della natura.
E’ un lavoro minuzioso che dura anche due mesi e che ha
iniziato un po’ per caso guardando un autoscatto della sua schiena che le
ricordava un petalo.
In effetti tutto è un giocoso omaggio alla bellezza del
corpo umano e della natura.
Trasmette allegria e stupore.
Molti dei suoi quadri fotografici sono
esposti in un Ospedale di Reno per la cosiddetta “arte terapia” che aiuta nel
processo di guarigione.
Anche se le vecchie fotocamere analogiche, le ore in camera
oscura e le stampe appese con le mollette sono in questo caso solo un vecchiume
preistorico, ho apprezzato ugualmente e consiglio la visita.
L’avvento del computer con i suoi programmi grafici e del
digitale ha aperto nuove e interessanti prospettive che val la pena conoscere.
Non oso immaginare cosa ne avrebbero ricavato personaggi
come Salvador Dalì o Arcimboldo…. purtroppo è tardi per scoprirlo.
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Sono rimasta a bocca aperta.. spettacolare! E' uno di quei casi in cui apprezzo fortemente gli effetti digitali, questa artista deve avere una grandissima sensibilità, non faccio fatica a credere che le sue opere possano essere terapeutiche!
RispondiEliminasperiamo che le sue opere vengano esposte anche più a "sud"... mi piacerebbe visitarla, una mostra di foto così particolari! L'uno diventa multiplo, il sembrare diventa apparire ma non essere... ci sarebbe da scrivetre parecchio su questo modo di interpretare (o umanizzare?) la natura. Ma per me è sufficiente lasciar andare la mente e assaporare l'arte nella sua infinita capacità di proporsi.
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